Una storia che pare impossibile dover leggere nel 2023. Eppure ancora oggi una madre non riesce a trovare una casa perché ha un figlio autistico.
La protagonista di questa assurda vicenda è Caterina Lo Galbo, mamma di Daniel, un ragazzo di 17 anni affetto da una forma di autismo. La donna è disperata perché da mesi non riesce a trovare un appartamento in affitto.
Da quasi un anno la donna cerca un’abitazione ma per otto volte si è vista rifiutare l’offerta. L’agenzia immobiliare ha spiegato che i proprietari temono, in caso di necessità, di non riuscire a dare lo sfratto a causa del figlio con disabilità. Questa situazione ha luogo a Palermo ma è un dramma che affligge un po’ tutta Italia: mesi fa una coppia di ragazzi con la sindrome di down avevano lamentato lo stesso problema a Milano. Mentre a Firenze una giovane mamma per mesi non ha trovato casa perché nessuno voleva una neonata nel condominio. Caterina spiega: “Nessuno ci vuole, nessuno ci accetta. Siamo discriminati e senza un tetto“. Da mesi cercano una nuova casa, dopo che i proprietari della vecchia hanno comunicato loro l’intenzione di voler vendere e dunque la necessità di liberare l’appartamento. “Così da febbraio abbiamo iniziato a guardarci intorno e a fare qualche offerta. A settembre abbiamo dovuto lasciare casa. Risultato? Da allora viviamo in nove in un appartamento, a casa di mia madre che temporaneamente ci ospita“- ha raccontato la donna.
L’agenzia ha detto loro la verità
Alla famiglia non è mai stato comunicato il motivo reale del rifiuto delle proposte. Ma dopo ben otto rifiuti l’agenzia immobiliare si vista costretta a dir loro la verità. Il problema- per i proprietari degli immobili – è la sindrome dell’autismo di Daniel. Nonostante la famiglia goda di un certo benessere economico e il marito della donna abbia un contratto a tempo indeterminato, i proprietari degli appartamenti non se la sentono perché temono, in futuro, di non riuscire più a mandarli via. La situazione è spiacevole soprattutto per Daniel costretto a vivere in spazi troppo ridotti che rendono ancora più difficile gestire la sua sindrome. La madre conclude: “Mi chiede ogni giorno – conclude la madre – quando andremo finalmente a vivere a casa nostra, quando potrà avere la stanza con le cose a cui tiene. L’acquario e i suoi giochi. Ogni volta che mi fa questa domanda io piango…Ma posso prendere in giro mio figlio solo perché esiste gente senza un briciolo di umanità?”.