Nessuno è riuscito a salvare Lilia dalla furia del suo carnefice. La donna lascia tre figli. Al momento dell’omicidio in casa c’era anche il più piccolo, un bimbo di appena 4 anni.
Ennesima vittima di femminicidio in Italia. Panchine rosse, scarpette rosse, muri pieni di bambole: a nulla sembrano servire questa manifestazioni simboliche se poi, ogni giorno, decine e decine di donne continuano a morire. Spesso per mano di chi, invece, ha giurato di amarle e proteggerle.
L’ultima vittima aveva 41 anni ed era mamma di tre figli. Quando è stata assassinata in casa era presente il più piccolo, un bimbo di appena 4 anni. La tragedia si è consumata a Spinea, in provincia di Venezia. La donna – Lilia Patranel moldava – è stata accoltellata dal suo compagni, il 35enne romeno Alexanandru Ianosi Andreeva Dimitrova. Una delle amiche più intime della vittima ha raccontato che la donna già da tempo subiva violenze e minacce da parte del compagno, nonché padre del suo ultimo figlio. Lilia le aveva confidato più volte quello che succedeva in quell’appartamento: era stata lei a convincerla, il 28 agosto scorso, a sporgere denuncia contro il compagno: “Non è stato un raptus, non è stata una lite occasionale. In quella casa era la regola. Una volta era arrivato a dirle: ti faccio a pezzi e ti spedisco in valigia a tua madre in Moldavia” – ha raccontato la donna che ancora non si capacita di quanto accaduto, per quanto – a suo dire – quel finale fosse fin troppo prevedibile. Il rapporto tra Lilia e il compagno non era mai stato idilliaco, pare che l’uomo avesse iniziato a essere violento nel 2016. Poi, nel 2018, con la nascita del bambino, le cose erano ulteriormente peggiorate. Dimitrova aveva addirittura fatto in modo che le altre due figlie di Lilia – avute da una precedente relazione – se ne andassero di casa. La figlia maggiore preoccupata per la madre, aveva cercato di persuaderla a lasciare quell’uomo ma non c’era stato verso.
La vittima aveva sporto denuncia ma poco dopo l’aveva ritirata: “Certo, faceva così lui. Prima la picchiava, poi le chiedeva scusa. Ad agosto l’aveva mandata all’ospedale: schiaffi, calci, pugni. Una vera e propria aggressione. D’accordo, lei aveva rimesso la querela, ma possibile che non sia stato possibile comunque allontanare di casa quell’uomo? C’erano le dichiarazioni, c’erano le ferite. Era finita in pronto soccorso” – le parole dell’amica. Negli ultimi anni, secondo la donna, l’uomo aveva avuto anche diversi screzi con il vicinato. Quando beveva, in particolare, teneva la musica a tutto volume. Tutti sapevano come era fatto, eppure nessuno ha mai mosso un dito per aiutare Lilia. L’ultimo sfogo della vittima risale ad agosto quando, confidandosi con alcune amiche, aveva detto apertamente che sapeva che, prima o poi, il suo compagno l’avrebbe ammazzata ma non andava via di casa perché non aveva niente e, in più, avevano aperto insieme il mutuo: Lilia si sentiva bloccata, paralizzata in una situazione da cui non sapeva come uscire. E purtroppo di donne come Lilia è pieno il mondo: donne che non denunciano o non vanno via perché non hanno niente, né soldi né un lavoro fisso o una famiglia su cui contare. Solo pochi mesi fa, a Modena, madre e figlia sono state uccise dal marito della donna: sono state freddate a colpi di fucile.