Nessuno riusciva a capire come mai, tutto d’un tratto, fosse stato colpito da un infarto. La verità ha lasciato tutti basiti: aveva sollevato un cadavere da 120 kg.
Sembrava incredibile eppure aveva sollevato un cadavere di un peso abnorme, oltre un quintale. Ciò gli aveva provocato un infarto. La tragedia è avvenuta a Napoli.
Il 26 maggio 2022, a 3 anni dall’accaduto, il giudice del lavoro, del Tribunale di Napoli, ha condannato il Comune partenopeo a risarcire il dipendente per danno biologico e morale. L’episodio è avvenuto il 2 gennaio del 2019: un seppellitore comunale viene colto da un infarto dopo aver sollevato un cadavere in condizioni non conformi al regolamento in vigore. L’uomo ha sollevato e trasportato, insieme a un altro collega, per le scale di un albergo della zona di piazza Garibaldi, una salma del peso di oltre 120 kg. L’operazione è stata, però, eseguita contro il regolamento: esso afferma che, per questo tipo di operazioni, è necessaria la presenza di 4 uomini dotati con attrezzatura meccanica specifica.
Mentre i due uomini trasportavano il cadavere, uno di essi si è sentito male: una forte fitta al petto e mancanza di respiro. Quest’ultimo, in serata, viene ricoverato nella clinica Villa dei Fiori ad Acerra: gli viene diagnosticato un infarto. Il giorno successivo viene operato. L’uomo ha fatto causa, insieme all’avvocato Domenico Carozza, contro il Comune. A quanto sembra non è la prima volta che l’Ente, per cui lavorava il seppellitore, facesse lavorare i suoi dipendenti in condizioni di disagio. Citando parole della testimonianza della vittima: “lavoravo spesso in condizioni di disagio, prelevando, ad esempio, i cadaveri da fossati, anche di notte, con climi freddi o torridi, sotto la pioggia battente, scendendo numerose scale come nel caso dell’infortunio”. L’uomo ha anche sostenuto in 40 anni di servizio di non essere mai stato sottoposto a visita di idoneità. Inoltre, le patologie sofferte sono conseguenza degli sforzi fisici, ripetuti di continuo, gravosi e intensi, dovendo sollevare i cadaveri con l’aiuto di un solo collega. Il giudice ha accolto parzialmente il ricorso. l’Ente dunque è stato condannato al risarcimento del danno biologico e morale.