La protesta dei lavoratori del comparto grucce di Prato, che lamentano turni di 12ore, senza ferie pagate né malattia e infortuni sul lavoro.
Nel comparto delle grucce di Prato e Montemurlo, i lavoratori protestano gli estenuanti turni di lavoro senza avere ferie pagate e infortuni sul lavoro.
“Vogliamo una vita bella”: recitano i cartelloni dei lavoratori di una delle tante filiere che compongono il pronto moda di Prato, ormai quasi integralmente in mano cinese. Prato è un punto di riferimento in Italia e nel mondo per la produzione dei tessuti, con le sue oltre 4mila ditte sul territorio che ogni anno producono e smistano decine di tonnellate di capi di abbigliamento e tessuti. Una macchina di produzione gigantesca, ma anche, a sentir parlare gli operai, devastante. Tra questi ci sono persone come ltaf, Atiq e Azmat: uomini adulti di tutte le età, che da dieci giorni scioperano sostenuti dal sindacato Si Cobas per rivendicare quelli che in Italia sono o almeno dovrebbero essere dei diritti di base garantiti per tutti, come la giornata lavorativa di otto ore, i giorni di riposo, contratti regolari. Niente di tutto questo per questi operai arrivati ormai da anni dal Pakistan e dal Senegal:“Lavoriamo per dodici ore al giorno sette giorni su sette, senza ferie né malattia”, denunciano all’unisono. Le proteste si sono diffuse nel giro di pochi giorni in altre tre aziende, tutte legate al mondo delle grucce. Oltre a denunciare “turni massacranti”, Atiq e Iltaf mostrano i segni evidenti sul loro corpo degli infortuni subiti a lavoro e che, a causa del tempo passato a casa per riprendersi, gli è stato decurtato lo stipendio. “Non lavori, non guadagni”: è questo il vecchio ritornello.
Gli scioperi partiti dalla “Digi Accessori di Chen Bixia” hanno così scoperchiato il sistema su cui si fonda questo comparto, portando alla luce gli effetti prodotti dai tagli sulla manodopera e dalla deregolamentazione dei vari settori del pronto moda a Prato. Alcuni esponenti cinesi dell’imprenditoria pratese lo sanno molto bene ma girano la testa dall’altra parte, perché di fatto conviene a tutti e fa guadagnare tutti, produttori, committenti e clienti” tranne i più deboli. Lo sapevano gli otto che, lo scorso ottobre, hanno picchiato con mazze da baseball i lavoratori in sciopero davanti alla Dreamland (ditta di abbigliamento) e anche quelli che avrebbero minacciato un altro operaio del Macrolotto, venuto a portare sostegno ai lavoratori delle grucce. Mentre proseguono gli scioperi e le proteste, martedì 17 maggio due delle quattro aziende coinvolte negli scioperi, tra cui la stessa Digi, hanno aperto tavoli di trattative con il sindacato, giungendo ad accordi favorevoli per i lavoratori, che prevedono l’assunzione con contratti a tempo pieno e indeterminato e il riconoscimento dei diritti basilari dei lavoratori. La Digi ha negato, tramite il suo legale, di aver mai sfruttato i lavoratori.
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