Una vita dedicata con passione al proprio lavoro. Ma i rincari non risparmiano nessuno: un 57enne racconta la sua storia e la sua disperazione.
A fine settembre 2021, il nuovo rapporto dell’IFAD – Fondo Internazionale delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Agricolo – sottolineava che il 31% del cibo di tutto il Pianeta viene prodotto da piccoli produttori i quali, tuttavia, guadagnano una miseria. E si invitavano i Governi a impegnarsi per riequilibrare le diseguaglianze prodotte da un commercio iniquo.
L’appello, ad oggi, pare essere caduto nel vuoto: a fronte di rincari che toccano non solo i costi di produzione ma ora anche le bollette, il denaro che torna in tasca ai piccoli produttori è rimasto lo stesso di trenta o quarant’anni fa. Ma con un potere di acquisto ovviamente più basso. A spiegarlo è stato Beppe Pellè, allevatore leccese di 57 anni. Beppe, assieme al figlio Simone, sono la quarta generazione di allevatori nella loro famiglia. Avevano due aziende di zootecnia ma, lo scorso gennaio, una hanno dovuto venderla – anzi: svenderla – a causa dei rincari e anche la seconda pare essere ormai alle ultime battute. Ai microfoni di Fanpage l’uomo ha raccontato la sua disperazione: “Ho il lutto nel cuore, la stessa sensazione di quando morì mio padre. Io non ho paura, ho il terrore di tutto questo. Fino ad ora ho avuto paura, ora ho il terrore di tutto questo, perché sta accadendo”. Solamente tra gasolio ed energia elettrica Beppe si trova a dover pagare oltre 3000 mila euro al mese. Senza contare le altre bollette da onorare.
L’azienda di Beppe produce latte ma non si riesce ad arrivare più a fine mese perché se le bollette aumentano, la grande distribuzione sui propri scaffali propone prezzi sempre più competitivi, spesso importati da multinazionali. E così, anche un piccolo produttore come Beppe, è costretto a mantenere prezzi molto più bassi di quelli che servirebbero a coprire almeno i costi di produzione. Nel 21o9 diversi pastori in Sardegna avevano protestato per alzare il prezzo del latte almeno a 1 euro. Il latte – spiega il 57enne – nel 2022 viene venduto con gli stessi prezzi di quarant’anni fa. I costi si sono non raddoppiati ma addirittura triplicati e, l’allevatore, teme che dovrà dire addio anche alla seconda azienda. A rimetterci non solo lui e la sua famiglia ma anche tutto il bestiame che, inevitabilmente, finirà dritto al macello visto che non servirà più a produrre latte e formaggi. L’allevatore con le lacrime agli occhi si rivolge ai politici, agli unici che possono fare qualcosa: “Aiutate chi ha bisogno e voglia di lavorare”.