L’Italia è entrata ufficialmente nella lista nera dei Paesi ostili della Russia. Le ripercussioni economiche non tarderanno ad arrivare e ora si teme per le forniture di gas.
L’Italia è stata iscritta nella lista dei Paesi ostili della Russia. Le conseguenze economiche potrebbero davvero mettere in ginocchio il nostro Paese già messo duramente alla prova da due anni di pandemia con conseguenti lockdown e chiusure. Putin ha già disposto che tutti i debiti delle aziende russe – o dello stesso Stato – verso i Paesi ritenuti ostili, dovranno essere pagati esclusivamente in rubli. Ma la moneta, attualmente, è in caduta libera. Il ché comporterà il probabile fallimento dei creditori che si vedranno saldare i debiti con una moneta che non vale nulla o quasi. Ma questo non è l’unico problema. La Russia, infatti, è il nostro maggior fornitore di gas. Negli ultimi anni l’Europa ha acquistato dalla Russia il 40% del gas naturale e il 25% del petrolio. Secondo uno studio condotto dalla Fondazione Eni l’Italia ha tre possibilità:aumentare le importazioni da Algeria e Libia; incrementare la produzione energetica nazionale; potenziare gli stoccaggi. Tuttavia, mettendo anche insieme tutte e tre queste possibilità, non si arriverebbe a coprire il fabbisogno di gas di tutta la popolazione. Stando alle stime dello studio dell’Eni, senza la Russia potremmo arrivare ad un massimo di 58,4 miliardi di metri cubi di gas mentre, attualmente, ce ne servono almeno 70 miliardi.
Il Governo Draghi sta già pensando a come correre ai ripari qualora la Russia decidesse di chiudere i rubinetti. Il Ministro per la Transizione Energetica, Roberto Cingolani, ha dichiarato: “Noi dalla Russia importiamo 29 miliardi di metri cubi di gas. Questi vanno sostituiti. Al momento abbiamo realizzato un’operazione anticipata e rapida e a primavera inoltrata 15 miliardi saranno rimpiazzati. Rimane la metà e stiamo lavorando sul rinforzo delle infrastrutture, rigassificatori e contratti di lungo termine. Per renderci indipendenti dovrebbero bastare 24-30 mesi“. Il Ministro non esclude che potremmo trovarci ad affrontare una mancanza totale di energia nei prossimi mesi ma anche in questa situazione l’Esecutivo ha già pronta una soluzione: tornare al carbone. “Nel caso di una mancanza assoluta di energia, di un’emergenza più forte di quella attuale si potrebbero mandare a pieno regime le due centrali a carbone che sono ancora in funzione, quella di Brindisi e quella di Civitavecchia, per un perdiodo limitato per produrre energia” – ha concluso Cingolani cercando di rassicurare il Paese. Ma lo scenaro che ci attende non sembra confortante.
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