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Cinzia morta a 46 anni dopo Astrazeneca, ma l’errore è solo del medico, dicono

Un errore di valutazione da parte del medico è costato la vita a Cinzia Pennino, insegnante 46enne di Palermo.

Cinzia Pennino Facebook

Il medico non avrebbe valutato adeguatamente i fattori di rischio della somministrazione del vaccino anti Covid e, così, lo scorso 28 marzo la 46enne Cinzia Pennino è deceduta. Solo diciassette giorni prima aveva ricevuto la prima dose del vaccino anglo svedese di Astrazeneca. La donna era una professoressa dell’istituto Don Bosco di Palermo. Il dato è emerso a seguito  dell’autopsia eseguita sul corpo della 46enne e ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati per omicidio colposo proprio del medico vaccinatore, V. F.. Era stata la famiglia della vittima  a presentare denuncia per verificare l’eventualità di un rapporto tra il decesso della donna e l’inoculazione del vaccino. Cinzia Pennino era stata vaccinata l’11 marzo nell’hub della Fiera del Mediterraneo. A distanza di due settimane aveva iniziato a lamentare dolori allo stomaco. Al pronto soccorso del Buccheri La Ferla con una Tac era stata scoperta la trombosi addominale e si era deciso il trasferimento al reparto di Ematologia del Policlinico. Poi il ricovero in terapia intensiva, dove la professoressa è morta il 28 marzo.

Secondo la ricostruzione , viste le condizioni di salute della donna, durante l’anamnesi il medico avrebbe dovuto seguire con attenzione le linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità. Cinzia, infatti, soffriva di obesità, uno dei principali fattori di rischio che possono scatenare reazioni avverse  alla vaccinazione con AstraZeneca. Nei soggetti obesi AstraZeneca non va somministrato ma il medico vaccinatore non ne ha tenuto conto e ha proseguito come nulla fosse: eppure l’obesità non è una patologia di cui non ci si accorge. Non solo: 4 giorni prima della vaccinazione, la donna si era presentata sempre presso lo stesso hub vaccinale per farsi inoculare il farmaco all’epoca somministrato agli insegnanti, ma in questa prima occasione il medico aveva deciso di non procedere con l’iniezione e di rimandare la 46enne a casa, come risulta dall’esposto della famiglia. L’accusa ritiene, pertanto, che se il secondo medico – colui che ha vaccinato Cinzia – si fosse soffermato un secondo di più a fare una corretta anamnesi, probabilmente l’insegnante palermitana avrebbe potuto salvarsi. Dall’indagine  non emergerebbero quindi responsabilità dirette del vaccino Astrazeneca in sé, ma piuttosto di un suo uso improprio.

Pubblicato da
Samanta Airoldi

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