Contrariamente a quanto si pensi, pur avendo firmato il consenso informato, in caso di danni dopo il vaccino anti Covid, lo stato è tenuto a risarcire.
L’Europa sembra sempre più in procinto di imboccare la strada del vaccino obbligatorio per fare fronte a questa quarta ondata di Covid. La via è stata aperta dall’Austria che, dal prossimo 1 febbraio, inizierà con le somministrazioni obbligatorie. A seguire la Grecia dove il vaccino diventerà obbligatorio per chi ha più di 60 anni. Addirittura in Austria e in Grecia sono reviste sanzioni per chi rifiuterà le iniezioni del farmaco. La Germania è sempre più vicina a optare per la stessa soluzione. Anche in Italia non manca chi vorrebbe che vaccinarsi non fosse più una possibilità e un diritto ma un obbligo: l’infettivologo del San Martino, il professor Matteo Bassetti, di recente non ha esitato a dichiararae che, fosse per lui, i no vax andrebbe a prenderli a casa per costringerli a farsi somministrare il farmaco.
Qualcuno ha sollevato l’obiezione che, qualora il vaccino fosse imosto per legge, a quel punto, in casi di eventuali effetti collaterali permanenti o di decesso, lo Stato dovrebbe farsene carico e risarcire le persone danneggiate. In realtà è già così. Diversamente da quanto si crede, lo Stato è obbligato a risarcire i danni materiali e morali subiti da un soggetto che si è sottoposto ad un vaccino, non solo nel caso in cui questo sia obbligatorio ma anche qualora sia fortemente raccomandato. A stabilirlo è stata la Corte Costituzionale che – già con la sentenza 268/2017 aveva esteso l’indennizzo ai vaccini antinfluenzali e di recente, con la sentenza n. 118 del 26 maggio 2020 – ha dichiarato l’illegittimità della disposizione che non contemplava il risarcimento per i danni prodotti da una vaccinazione che, ancorché non obbligatoria, fosse fortemente raccomandata, ampliando così le ipotesi di indennizzo anche alle vaccinazioni contro il virus dell’epatite A.
La ragione di tale sentenza risiede nel fatto che lo Stato non può chiedere al singolo di esporre al rischio la propria salute per un interesse collettivo senza che la collettività stessa sia disposta a condividere il peso delle eventuali conseguenze negative della vaccinazione non obbligatoria; la logica della tutela indennitaria in tal caso è quella di ripagare a spese di tutti un danno subito nell’interesse di tutti. Secondo la sentenza della Cassazione, inoltre, non vi è ragione per differenziare i casi in cui il trattamento sanitario sia imposto per legge da quelli in cui sia fortemente promosso e raccomandato dalla pubblica autorità con il fine di diffonderlo in maniera capillare nella società, proprio come sta accadendo con l’attuale campagna vaccinale anti Covid. Infatti – hanno sottolineato i giudici -in campo scientifico la linea che separa raccomandazione e obbligo non sembre è netta. In ambito medico, infatti, raccomandare e prescrivere sono azioni percepite come egualmente doverose in vista di un determinato obiettivo.