Uccide il padre con 32 coltellate “Era violento”. Per mamma e fratello è un eroe. I giudici concordano

Alex Pompa, assolto dopo l’uccisione del padre, spiega come si sente e cosa farà ora che è fuori dal carcere.

Era l’aprile 2020, l’Italia era sconvolta dalla prima ondata pandemica e, all’improvviso, ci siamo ritrovati tutti costretti entro quattro mura: una convivenza forzata ventiquattro ore su ventiquattro. Per alcune famiglie è stato decisamente più difficile che per altre. Laddove la violenza era già presente, il fenomeno si è esasperato. Un giovane residente a Collegno – Torino – uccise il padre con 34 coltellate. Da oltre 10 anni l’uomo era violento con la moglie e con i due figli Alex e Loris. Il responsabile dell’omicidio Alex Pompa, è stato assolto dai giudici.

La famiglia Pompa da anni viveva in balia del padre Giuseppe, un uomo violento, geloso e possessivo all’inverosimile nei confronti della moglie Maria. Quest’ultima, in lacrime per la commozione dopo l’assoluzione del figlio, ha dichiarato: “Non avete idea del terrore che abbiamo vissuto per vent’anni. Non potevamo denunciare per la paura di venir uccisi“. Una testimonianza fortissima che arriva proprio il giorno prima del giorno in cui si condanna la violenza sulle donne. Anche il fratello Loris ha commentato: ” Io devo solo dire grazie a mio fratello se siamo ancora vivi“. Inizialmente il pm aveva chiesto 14 anni di reclusione per Alex per omicidio volontario ma il suo legale, l’avvocato Claudio Strata, non si è mai arreso e la mattina del 24 novembre ha fatto ascoltare in Aula 20 dei 300 audio che testimoniavano il clima di violenza e terrore nel quale la madre e i due figli hanno vissuto per anni. Giuseppe era violento sia fisicamente sia verbalmente: rappresentava una minaccia reale per l’incolumità dei suoi familiari.

Alex, ai microfoni dei cronisti, ha spiegato: “Non mi aspettavo nulla, voglio ringraziare i giudici, perché hanno capito. Non era scontato. Credo che abbiano compreso l’inferno che ho vissuto. Mi aspetto una normalità che non ho mai provato. Poter uscire con mio fratello, andare a vedere una partita dell’Inter, fare un viaggio. Ci sono tante cose che non ho mai potuto fare in questi anni”. Il giovane racconta di aver vissuto momenti terribili nel dover rivivere nell’Aula del Tribunale tutta la violenza subita per anni, nel dover raccontare la sua vita d’inferno e nel dover ascoltare le registrazioni che riportavano gli insulti e le offese che Giovanni rivolgeva alla moglie, la mamma di Alex. “Noi non abbiamo mai vissuto momenti tranquilli. Bastava niente perché lui esplodesse. Vivevamo con la paura” – ricorda il ragazzo. Tanto è stato il trauma che gli psichiatri del Tribunale non hanno potuto non riconoscere ad Alex 30 punti di invalidità per tutti gli orrori subiti. L’avvocato che lo ha assistito, il dottor Strata ha puntualizzato: “Questa è una sentenza che è destinata a fare scuola. Qui si è riconosciuto che la vittima può agire per difendersi se percepisce chiaramente un pericolo per la sua vita“. Mamma Maria, invece, si è lasciata andare all’emozione e ha concluso “Che faremo ora? Ci abbracceremo e faremo tanta ossitocina”.

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