Persone giovani e meno giovani alle prese con stage non retribuiti o lavori sottopagati. La disoccupazione diminuisce ma, talvolta, cresce lo sfruttamento.
C’è chi punta il dito contro i giovani accusandoli di essere allergici al lavoro come il presidente di Grafica Veneta, salvo poi balzare agli onori della cronaca per sfruttamento dei lavoratori. A luglio – secondo i dati Istat – la disoccupazione in Italia è scesa al 9,3%: 440 persone hanno trovato un lavoro. Ma quale lavoro? Perché se non sempre è possibile riuscire a fare il lavoro dei propri sogni è anche vero che nessun mestiere deve calpestare i diritti e la dignità umana. Ad oggi non sono pochi i giovani – ma anche meno giovani – che dichiarano di lavorare più di 8 ore al giorno per stipendi da fame e con contratti precari. Duecento euro al mese nei call center; supermercati che offrono “stage” con nessuna prospettiva di trasformarsi in assunzioni; turni da 10 ore al volante dei bus privati, anche se la paga è solo per 6 ore e mezza e chi fa il vigilante in azienda è fortunato se prende 5,2 euro all’ora per 8 ore al giorno, che tradotti significano meno di 1000 euro in busta paga. Per passare a chi lavora in portineria per 2 euro l’ora. Lo sfruttamento, insomma, è trasversale alle categorie e non riguarda soltanto i migranti impiegati nei campi di cui si è tanto occupata l’ex ministro dell’Agricoltura Teresa Bellanova
Un 40enne di Torino racconta di lavorare come autista di autobus per aziende private 50/60 ore alla settimana: ma gliene vengono pagate solo 39 e, da accordi sottoscritti dai sindacati, le ore di fermo in divisa nei piazzali non vengono retribuite. Spesso lavora sette giorni su sette compresi i festivi. Un ex cuoco di 46 anni spiega che nel suo settore si lavora anche per 16 ore al giorno ma il suo contratto ne prevedeva solo 4 e, quindi, solo per 4 ore veniva pagato. Dopo essere finito a dormire in macchina perché non poteva neppure permettersi un affitto ora fa la guardia non armata nei negozi per 2 euro l’ora senza poter mai prendere ferie
Una giovane di Caltanissetta, laureata in architettura, dopo anni di stage pagati 250 euro al mese, ha trovato un posto a tempo indeterminato come progettista in un negozio di rivestimenti e sanitari: contratto a 9,50 euro l’ora, salvo le 4 ore del sabato che erano “regalate” all’azienda. Ma, dopo la prima busta, la paga è calata a 8,40 l’ora senza che lei fosse stata avvisata di nulla. Un 31enne racconta la sua odissea tra lavoretti come stewart pagati con voucher dopo dodici mesi dalla prestazione e stage con rimborsi di 200-250 euro mensili. Poi l’apparente svolta: un indeterminato a 1.850 euro. Peccato che poi le condizioni di lavoro siano diventate di schiavitù: 4 giorni la settimana in trasferta lontanissimo da casa, orari di lavoro dalle 9 del mattino alle 21:30. Una donna impiegata come educatrice nelle scuole spiega com’è strutturato il suo part time: 30 ore settimanali per 300 euro al mese. E, spesso, deve pagare di tasca sua il materiale didattico. Questa, ad oggi, è la situazione di moltissime persone in Italia.
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