É stata violentata mentre era di guardia in ospedale 4 anni fa, ma l’assicurazione dell’Asp di Catania non intende risarcirla e la costringe al trasferimento.
Così inizia la vicenda già ampiamente discussa di Serafina Strano, dottoressa ginecologa della guardia medica di Catania violentata durante un turno di notte nel 2017. L’aggressore Alfio Cardillo che nel 2017 aveva 27 anni, l’ha seviziata all’interno della sede del presidio di Trecastagni per più di due ore. Serafina, essendo una dottoressa è coperta dall’assicurazione sanitaria obbligatoria dell’Asp di Catania, e al tempo richiese una condanna di 15 anni, ridotti a 8 con la formula del rito abbreviato: durante il processo il giudice ha valutato la sua violenza sessuale, fisica e mentale con un valore di 60 mila euro di risarcimento.
L’Ordine dei Medici di Catania in tutto ciò non si è posto come parte civile, lasciando sola una collega e una donna vittima di violenza che, come spesso accade, ha risentito su di se’ la colpa dell’accaduto. L’uomo ha goduto, invece, di ogni supporto da parte dello Stato, seguito dal Sert e dalla stessa Asp come previsto dalla legge. Serafina al contrario è stata lasciata sola: costretta a cambiare ospedale a causa di un trasferimento e costretta a coprire i turni vacanti di altri colleghi, facendo da “tappabuchi“ per aver denunciato una violenza subita durante un turno di lavoro. “Paradossalmente il mio aggressore è in carcere tutelato dallo Stato e io sono da sola. Devo combattere ogni giorno” ha affermato la dottoressa durante un’intervista.
Oltre al vergognoso trattamento che viene puntualmente riservato alle donne vittime di stupro, fatto di isolamento e velate accuse nei confronti della vittima stessa, sempre colpevole di essere stata troppo gentile con l’aggressore, o troppo disinibita, o troppo poco vestita o addirittura troppo esasperante, come ultimamente abbiamo avuto la sfortuna di sentire, Serafina deve fare anche i conti con l’assicurazione sanitaria predisposta dall’azienda Asp di Catania. Questa sulla carta viene stipulata a tutela dei lavoratori e serve principalmente per “proteggere” i dipendenti nello sfortunato caso in cui, a seguito di un loro errore o di una loro mancanza, un paziente decida di denunciare la struttura ospedaliera. Quando però l’ospedale in questione deve prendere posizione e schierarsi a fianco di una sua dipendente che ha subìto una violenza da un paziente, a quanto pare le cose cambiano.
“Il sinistro”, come viene descritto nella nota esplicativa dell’assicurazione, ai danni di Serafina non viene conteggiato ne’ riconosciuto dall’azienda assicuratrice: non sussistono elementi di liquidazione. Con il termine sinistro si intende un’incidente ai danni dell’assicurato che provoca lesioni temporanee o permanenti alla sua salute, e per salute secondo le direttive dell’OMS, si intende sia la salute fisica che la stabilità e la salute mentale. Viene da se’, ma se non bastasse è stato decretato anche dal giudice, che le lesioni di Serafina non siano solo fisiche, date dalle percosse e dalle sevizie causate da Alfio Cardillo, ma soprattutto psicologiche, date dalla brutalità del gesto e dalla condizione di svantaggio della dottoressa, che pensando di trovarsi di fronte ad un paziente già conosciuto, si era fidata e gli aveva aperto la porta. La dottoressa Strano ha commentato la vicenda affermando che reputa il trattamento che l’ospedale e l’assicurazione le sta riservando una vera e propria ingiustizia, ed è decisa a far causa all’Asp catanese per quanto accaduto “Fino adesso ho aspettato” ha detto “ma dopo quanto è successo con l’assicurazione forse non lo farò più. Sono stata invitata a far parte di un Comitato. Ho ricevuto fiumi di parole di solidarietà e vicinanza, ma nei fatti?”.
Nonostante l’amarezza per il comportamento della Sanità catanese e dei suoi colleghi e anche per una classe dirigente che su questa storia non ha saputo fare altro che propaganda senza alzare un dito – per non dire aprire un dibattito – sulla questione, la dottoressa Strano continua sulla sua strada e vuole raccontare la sua storia a più persone possibili, per focalizzare l’attenzione su un problema enorme della nostra cultura ossia il modo in cui percepiamo lo stupro e la violenza di genere e per lanciare una accusa alle istituzioni: le donne non possono sentirsi in pericolo anche sul posto di lavoro.
A questo proposito, nel rispondere alla domanda riguardo la motivazione che sta alla base della sua lotta, la ginecologa ha dichiarato “il coraggio, la forza, la ribellione mi vengono proprio da questo che definisco un oltraggio a tutte le donne. Tutte le violenze sono ugualmente odiose, al parco, per strada o in discoteca, ma io sono stata violentata nel posto di lavoro, dove un medico dovrebbe essere super protetto e invece non lo è. Le mie colleghe continuano a lavorare nelle stesse condizioni di rischio e nessuno fa niente. L’Asp come la Regione come il ministero della Salute”.