Enrico Letta propone una “nuova” patrimoniale, una specie di dote da 10 mila euro per i 18enni, da pagare aumentando le tasse ai ricchi
Il segretario del Pd Enrico Letta entra con decisione nel dibattito politico proponendo una patrimoniale, ma “rivisitata”: un lascito di 10 mila euro per tutti i 18enni da finanziare tassando i patrimoni più alti. In Italia infatti circa l’1% della popolazione detiene patrimoni che vanno da un minimo di un milione di euro ad un massimo di cinque milioni di euro. La proposta di Letta consiste nell’aumentare la tassazione di un 1% sui redditi più alti e trasferire il denaro raccolto nelle tasche dei giovani. “Se non ci sarà accordo dentro la coalizione di Maggioranza lo porteremo in campagna elettorale –dice il segretario – e quando avremo vinto le elezioni sarà uno dei temi principali: i giovani sono discriminati, scappano, ma un paese che non ha giovani non ha futuro” e pronte arrivano le risposte del presidente Draghi e del centro destra che non vedono nella proposta un mezzo utile in questo momento di crisi “In generale non mi sembra il momento di prendere soldi dai cittadini, ma di darli” ha sentenziato il Premier Mario Draghi, e la destra lo segue sottolineando la necessità di diminuire le tasse piuttosto che alzarle, rispolverando uno slogan che in vista della campagna elettorale fa sempre comodo.
Si apre il dibattito politico e come spesso accade si perde di vista il fulcro della proposta, che si basa sull’aumentare le tasse per i redditi più alti come una tassazione progressiva qualsiasi prevede. E mentre i patrimoni dei miliardari di tutto il mondo si sono alzati esponenzialmente con la pandemia, quelli del ceto medio -se così possiamo ancora chiamarlo- hanno subito una drastica ascesa; per contrastare questo andamento non sono poche le cose da aggiustare, ma forse una tassazione più adeguata potrebbe migliorare sia le casse dello Stato sia il tenore di vita di una larghissima fetta della popolazione. Quella di Letta è una proposta che sulla carta si avvicina timidamente all’idea di una tassazione progressiva, e dovrebbe essere un aiuto concreto per i giovani che dai 18 anni in poi potrebbero utilizzare quel denaro per comprare casa, entrare nel mondo del lavoro e finanziarsi gli studi alleggerendo il carico sulle proprie famiglie.
Quello che non torna però non è tanto la fonte di questo denaro da redistribuire, quanto il sistema educativo e il mondo del lavoro, non ancora pronti ad accogliere i giovani in quanto in forte necessità di una riforma che crei lo spazio giusto per loro. Non basta mettere dei soldi in mano alle nuove generazioni quando non ci sono posti di lavoro da occupare, quando la scuola italiana cade a pezzi e, soprattutto, quando il mercato immobiliare non accenna a piegarsi nemmeno di fronte a tre crisi economiche consecutive, quella del 2008, quella del 2011 e quella causata dall’epidemia di Covid che stiamo vivendo. Non è un mistero che in Italia ci sia un problema strutturale di disoccupazione giovanile, ma non è dando del denaro ai 18enni, senza un sistema che li accompagni e li sappia indirizzare nella spesa, che si risolve il problema.
In qualsiasi caso una proposta del genere nasce dalla peculiarità del momento, in quanto in questo momento si è riacceso il dibattito sulla riforma fiscale in Parlamento, con la maggioranza che si scaglia contro la riforma del catasto e causa il rinvio della discussione -forse- alla settimana prossima. Da Forza Italia Tajani commenta “sarebbe errata una riforma del catasto che faccia crescere le tasse, semmai questo è il momento di abbassarle, abbattendo il cuneo fiscale”. Intanto un nuovo incontro del Consiglio dei Ministri è previsto per giovedì, nel quale si discuterà del contenimento delle bollette: per limitare il peso fiscale sulle famiglie si prevede un intervento tra i 3 e i 4 miliardi.
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