Si può licenziare e tra i primi a pagare è un lavoratore cieco: “Avevo già perso tutto”

Alessandro Cambarau, lavoratore rimasto cieco dopo il distacco della retina in entrambi gli occhi, è stato licenziato non appena dal Governo è stato dato eliminato il blocco che tutelava i dipendenti a causa della pandemia.

Il distacco della retina in entrambi gli occhi. Poi ventiquattro operazioni per cercare di recuperare, almeno in parte, la vista. Tutto inutile. Alessandro Cambarau ha 51 anni, vive a Merlino, in provincia di Lodi, e qualche giorno fa ha ascoltato – attraverso la lettura meccanica di una voce automatica – la lettera di licenziamento con cui la sua azienda – la FLSmith Maag Gear di Segrate – gli ha comunicato di aver deciso di fare a meno di lui.

In conseguenza della necessaria riorganizzazione del lavoro […] non giustifica più il mantenimento del posto di lavoro“, recita il testo. E così Alessandro Cambarau, malgrado un’invalidità del 100%, è stato licenziato il primo giorno di sblocco dei licenziamenti. Il dramma dell’uomo era cominciato nel 2011: all’epoca faceva il programmatore di macchine a controllo numerico, prima di essere demansionato al ruolo di portinaio all’interno della stessa azienda. Poi con la pandemia è arrivata la cassa integrazione. E ora che, finalmente, stava per tornare a lavoro, la doccia fredda: “Sarei dovuto tornare il primo luglio ma la sera del 30 giugno ha squillato il telefono. ‘Domani non venire’, e in mattinata mi hanno consegnato la lettera“, racconta al quotidiano La Repubblica.

A dare la notizia della scelta dell’azienda – una decisione che arriva proprio nel primo giorno del contestato sblocco dei licenziamenti – è stata Fiom-Cgil, che ora curerà il ricorso di Cambarau contro il licenziamento. Dal sindacato fanno sapere che l’uomo, data la sua condizione di ipovedente, “appartiene a una categoria protetta“. Lui, dal canto suo, vive un dramma nel dramma: “Avevo già perso tutto, mi piaceva fare il disc jockey e guidare la macchina e non potevo più farlo. Ma adesso non so più che dire“, si sfoga.

Una situazione che, nell’ultimo, terribile decennio, ha visto Cambarau affrontare anche un netto peggioramento delle condizioni economiche: da metalmeccanico di quinto livello, prima del distacco delle retine Alessandro guadagnava tra i 1.800 e i 2.000 euro al mese. Dopo il demansionamento, racconta, “arrivavo alla metà. Non ho fatto niente di male, non me lo meritavo“. Dalle sue parole, più che rabbia, emerge la rassegnazione di chi – dopo una serie di eventi drammatici – finisce per perdere il lavoro nella maniera più ingiusta: “Sono una persona e devo essere messo essere nelle condizioni di poter vivere come tutte le persone di questo mondo“, conclude.

Un episodio che evidenzia come la crisi pandemica sia lungi dall’essere conclusa, con il rischio che a pagarne le conseguenze più pesanti siano lavoratori già in condizioni difficili. Ora, Alessandro Cambarau spera che la causa intentata con l’aiuto dell’organizzazione sindacale possa portare a un suo reintegro, come avvenuto nel caso della dipendente Coop licenziata per aver regalato due gamberetti a un cliente.

 

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