Saman, gli inquirenti hanno perso le speranze e cercano solo di recuperare il corpo

L’inchiesta sulla scomparsa di Saman Abbas – la diciottenne di origini pachistane di cui si sono perse le tracce il 30 aprile scorso in provincia di Reggio Emilia e per la quale si teme il peggio – fa luce su un quadro familiare sconvolgente, fatto di violenze e soprusi.

saman abbas

E’ un quadro agghiacciante quello che emerge dal lavoro investigativo avviato dalla Procura di Reggio Emilia sul caso di Saman Abbas, la ragazza di 18 anni scomparsa il 30 aprile scorso a Novellara, il comune nel reggiano dove viveva con la famiglia. Gli sviluppi dell’inchiesta, infatti, lasciano pensare al peggio e lo stesso procuratore reggente Isabella Chiesi ha fatto sapere, nella giornata di ieri, che l’ipotesi investigativa prevalente è che la ragazza sia stata uccisa: “Le ricerche continuano, anche perché, purtroppo, riteniamo che la ragazza sia deceduta, ha affermato Chiesi. “A breve partiranno con l’aiuto di un elettromagnetometro e saranno eseguite sotto la sorveglianza di un ingegnere“, ha aggiunto il magistrato in riferimento alle ricerche.

Ricerche che sembrano finalizzate soltanto al ritrovamento dei resti del cadavere di Saman, visto che l’omicidio della diciottenne pare essere una certezza per chi indaga. Il principale sospettato del delitto, al momento, rimane lo zio – ripreso in un video insieme a due cugini della ragazza mentre con pale e un grande sacco sembrano intenti a organizzare l’occultamento del corpo della diciottenne. L’uomo è accusato anche dal fratello della giovane scomparsa. “Ci sono elementi per continuare a pensare che lo zio di Saman sia in Europa, perché c’è molta collaborazione da parte delle autorità europee. Svizzera, Francia, Spagna e Inghilterra sanno chi devono cercare“, ha aggiunto il procuratore, chiarendo che nonostante i fortissimi sospetti, non vi è certezza sulle responsabilità dell’uomo: “E’ difficile saperlo, perché non conosciamo nemmeno la modalità con cui stata uccisa“, ha spiegato Chiesi, sottolineando comunque che l’accusa, in questo momento, “è di omicidio premeditato“.

Un contesto familiare agghiacciante, fatto di prevaricazioni e violenze, cui la diciottenne è stata sottoposta fino al momento del rifiuto di un matrimonio combinato. Secondo le ricostruzioni effettuate dalla Procura, Saman sarebbe stata in più occasioni cacciata dall’abitazione di famiglia dal padre, che “spesso la chiudeva fuori casa obbligandola a dormire sul marciapiede“. Un ambiente invivibile, che aveva portato all’allontanamento della ragazza nel novembre scorso – quando ancora era minorenne – e al suo collocamento temporaneo in una comunità protetta, dalla quale aveva fatto ritorno a casa l’11 aprile. Soltanto pochi giorni dopo, il 22 aprile, Saman aveva nuovamente contattato i Carabinieri per denunciare i genitori che le avevano sottratto i documenti e che intendevano costringerla ad accettare il matrimonio combinato.

Il 30 aprile, Saman aveva ancora una volta tentato la fuga, dopo l’ennesima, violenta lite con i genitori. Dopo l’allontanamento da casa della ragazza, il padre aveva quindi contattato lo zio per chiedergli di ritrovarla; è a quel punto che, secondo chi indaga, l’uomo avrebbe assassinato la nipote – probabilmente strangolandola -per poi ripresentarsi a casa affermando che tutto era stato sistemato. Il primo maggio i genitori di Saman sono partiti per il Pakistan e pochi giorni dopo, il 5 maggio, i Carabinieri, presentandosi a casa per una perquisizione finalizzata al recupero dei documenti della diciottenne, si accorgeranno della sua sparizione.

 

 

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