Un duplice dramma che si conclude in pochi giorni: un amore respinto e due morti violente.
Un uomo di 49 anni è morto per suicidio nel carcere di Frosinone dove era detenuto con l’accusa di omicidio: un nuovo caso che getta luce sulla situazione dei carcerati italiani che sempre più spesso scelgono di farla finita dopo essere stati posti in stato di reclusione. La persona in questione, Fernando Basath Chandana Koralagamage, aveva – secondo gli investigatori – assassinato la compagna di 41 anni Badda Donashantini, una donna originaria dello Sri Lanka con un’arma da taglio. La donna che lavorava come badante nella Capitale aveva lasciato Fernando da una settimana quando l’uomo, il 29 maggio, l’aveva raggiunta in strada per confrontarsi con lei: “Ti amo, torniamo insieme”, l’avevano sentito gridare i testimoni. Quando la donna aveva provato ad allontanarsi, il 49enne si era lanciato su di lei brandendo un coltello, colpendola per dieci volte al cuore ed accanendosi sulla vittima anche quando questa era ormai a terra.
Arrestato per omicidio subito dopo la tragedia, l’uomo ha scelto il suicidio per chiudere l’ennesima triste vicenda familiare culminata con un delitto. Secondo gli agenti della Penitenziaria, l’uomo sarebbe riuscito nel suo intento senza essere scoperto dalle guardie assicurandosi un lenzuolo al collo ed impiccandosi nella cella: Fernando aspettava il trasferimento in uno dei due carceri romani principali, Rebibbia o Regina Coeli, al momento affollati. Il garante dei detenuti del Lazio Stefano Anastasia ha parlato della tragedia: “E’ stato notato dalle guardie attorno alle ore 8:30 ma era troppo tardi. Ha lasciato due biglietti di addio scritti nella sua lingua”, spiega il rappresentante. Un traduttore dovrà decifrarli per capire meglio le cause del gesto estremo, causato forse dal senso di colpa o dalle lunghe ore di detenzione in cella.