Giovanni Brusca racconta come il piccolo Giuseppe Di Matteo – figlio di un collaboratore di giustizia – è stato ucciso e poi sciolto nell’acido. Una narrazione che ha dell’incredibile.
Era l’11 gennaio 1996 quando ad un bambino di 14 anni venne tolta la vita. Il suo corpo fu poi fatto sparire sciogliendolo nell’acido nitrico. Il piccolo si chiamava Giuseppe Di Matteo e la sua “colpa” era quella di essere il figlio di Santino Di Matteo, ex mafioso e, all’epoca, collaboratore di giustizia. Il bambino era stato rapito due anni prima, quando aveva appena 12 anni da Giovanni Brusca – allora capo mandamento locale – a alcuni suoi complici. Lo scopo era far sì che Santino Di Matteo – detto Mezzanasca – si rimangiasse tutto ciò che aveva raccontato su Cosa Nostra.
Giovanni Brusca e il fratello Vincenzo furono arrestati a Firenze nel maggio dello stesso anno. Oggi Giovanni Brusca, con un abbuono di 45 giorni, torna ad essere un uomo libero. Considerando che colui che attivò la strage di Capaci ha solo 64 anni, a Brusca restano ancora un bel po’ di anni di vita. Quella vita che al piccolo Giuseppe Di Matteo fu tolta senza pietà nel giro di pochi minuti. Era il 15 ottobre 1997 quando, nell’ambito del processo per l’omicidio di Giuseppe Di Matteo, Brusca raccontava ai giudici gli ultimi istanti di vita del bambino. Il racconto di Giovanni Brusca ha dell’incredibile. La minuzia con cui tutti i particolari sono stati curati per togliere la vita ad un bambino innocente. L’uomo, interrogato, ha spiegato: “Noi avevamo preparato due fusti di acido già per un’altra occasione e li tenevamo in una vecchia casa di proprietà su un terreno comprato. Avevamo anche uno di quegli aggeggi…come si dice in Italiano? Ah sì, un bruciatore che tenevamo in questa vecchia casa in campagna“. Tutto studiato nei dettagli, il modo in cui uccidere ma anche in cui sbarazzarsi delle prove e del piccolo corpo di Giuseppe. Il giorno in cui il piccolo Giuseppe fu ucciso, prima gli fu detto di scrivere una lettera al padre per convincerlo a ritirare le dichiarazioni, come spesso avveniva. Mentre il bambino scriveva lui e i suoi complici, preparavano tutto per ucciderlo attenti a non fare rumore per non allarmarlo e non indurlo, forse, a urlare. Il bambino fu prima strangolato mentre Brusca e il suo complice lo tenevano fermo chi per una spalla e chi per l’altra. L’uomo ha proseguito senza indugi: “Abbiamo messo sull’ascensore il fusto con l’acido senza fare rumore per non allarmare il bambino, poi siamo scesi. Sembrava un’eternità, non so quanti minuti, quanti attimi sia durato, ho visto delle lacrime. Comunque abbiamo svuotato il bidone, abbiamo buttato l’acido e la mattina dopo siamo tornati per pulire tutto”.