Stresa, parlano i familiari “I nostri cari sono stati uccisi. Per i responsabili il carcere è troppo poco”

Il dolore e la rabbia dei parenti delle vittime della tragedia della funivia Stresa – Mottarone esplodono alla luce dei primi riscontri investigativi resi noti dalla Procura.

mottarone parenti vittime
Handout/Getty Images

Dietro la tragedia della funivia Stresa – Mottarone, dietro ognuna di quelle 14 vite spezzate, c’è una storia; ci sono delle famiglie e degli amici che soffrono, che si chiedono come un disastro del genere sia potuto avvenire. Che pretendono giustizia. E mentre l’indagine inizia a muovere i primi passi significativi – è di ieri la notizia del fermo dei primi tre indagati – per chi domenica mattina ha perso qualcuno di caro, è ancora il tempo del dolore. E della rabbia.

Le novità che arrivano dal fronte delle indagini, infatti, non possono non scatenare l’ira di chi, mentre ancora non ha asciugato le lacrime per la perdita di una persona cara, si trova di fronte ad una verità difficile da mandare giù: l’impianto frenante della funivia manomesso da chi gestisce l’impianto per non fermare l’attività e garantirsi guadagni. “Me li avete ammazzati e a questo, mi spiace, non ci sarà mai nessun tipo di perdono“, scrive Angelica Zorloni su Instagram. Angelica è la figlia più grande di Vittorio Zorloni, morto insieme alla compagna Elisabetta Persanini e a loro figlio, Mattia, deceduto ad appena 5 anni poco dopo il ricovero d’emergenza in ospedale. “Fa schifo pensare che siano morti per i soldi, sempre i soldi stanno dietro a tutto“, rincara la dose Corrado Guzzetti, che di Angelica e Mattia è lo zio.

Sconvolta anche la comunità ebraica, vista la tragedia che ha visto coinvolti sei membri della famiglia Biran, tra i quali Eitan, il bambino di 5 anni unico sopravvissuto al disastro. “Davanti a queste 14 vite spezzate le scuse, e forse neanche il carcere, non bastano“, ha affermato il vicepresidente dell’Unione delle comunità ebraiche Italiane, Giulio Disegni. “Ci vuole una pena esemplare, anche se non spetta a me decidere ma ai magistrati“, ha aggiunto Disegni.

Le salme di Amit Biran, di sua moglie Tal Peleg, del piccolo Tom di due anni e dei bisnonni Barbara e Yitzhak sono arrivate ieri sera a Gerusalemme. Per quanto riguarda la battaglia del piccolo Eitan, le notizie che arrivano dall’ospedale infantile Santa Margherita di Torino sono moderatamente positive: i medici predicano prudenza. Intanto, ieri il bambino è stato estubato e respira da solo, aiutato da poco ossigeno. Ha riaperto gli occhi, per la prima volta dopo giorni: davanti a sé ha trovato la zia Aya, rimasta sempre al suo fianco dal momento del ricovero. Il personale sanitario definisce ancora critiche le sue condizioni, ma per la prima volta la fiducia inizia a trovare spazio tra le pieghe di un dolore indicibile.

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