Il titolare di una palestra di Roma racconta la crisi economica, arrivata con le chiusure dovute alla pandemia, e lo spettro dell’usura. Una realtà difficile, che rischia di riguardare molte attività nel nostro Paese.
Un caso che racconta bene la crisi che, da 15 mesi a questa parte, molte attività si trovano a vivere. Mario è un nome di fantasia, utile a nascondere la propria identità ma a raccontare, allo stesso tempo, la propria storia. Una storia difficile e, purtroppo, non unica nel suo genere: una storia che parla di difficoltà economiche e di usura.
Raggiunto da Leggo, Mario ha voluto raccontare cosa gli è successo a partire dal lockdown dello scorso marzo, quello che diede il via alle chiusure da cui ora stiamo, faticosamente, uscendo. Proprietario di una palestra a Roma, l’uomo comincia ad affrontare le prime difficoltà economiche: “Con il Covid e le restrizioni abbiamo dovuto chiudere: è iniziato tutto così. Avevamo troppe spese e nessuna entrata. I costi di gestione crescevano di mese in mese, all’inizio pensavo che avremmo riaperto presto, poi ho capito che non sarebbe finita velocemente“, spiega.
E così, dopo essersi rivolto – invano – alla propria banca per ottenere dei prestiti, Mario si è rivolto alle persone sbagliate: “Non sapevo più come uscirne e a quel punto sono stato avvicinato da persone che evidentemente già sapevano cosa mi stava accadendo“, racconta il titolare della palestra di Roma finito nel mirino dell’usura. “Quando sei in crisi perdi di lucidità, non sai a chi aggrapparti. Ma tengo a dire che la mia palestra andava bene. Rappresenta il mio lavoro da sempre, non ho mai avuto bisogno di indebitarmi, fino ad oggi“.
Il contatto è proprio tramite l’attività che Mario portava avanti: “Sono persone che conoscevano la mia palestra, sapevano come girarmi intorno“, spiega l’uomo, che racconta di non essersi mai sentito accerchiato.
E così, convinto anche dal fare amichevole di queste persone, Mario si decide a chiedere informazioni sulle modalità del prestito, pronto a chiedere un aiuto da 20 mila euro. Eppure, ben presto diventa chiaro come le condizioni siano evidentemente insostenibili: “Per 10mila euro avrei dovuto dare, in più, 150 euro a settimana: sono 600 euro in più al mese. Un suicidio“, racconta. Poi, la svolta: “Mi sono fermato all’ultimo secondo: per caso, mi sono confidato con un amico e lui mi ha raccontato che c’era passato, era caduto in quella trappola e che io non avrei dovuto farlo. Lui si è salvato rivolgendosi all’Ambulatorio anti-usura e ha portato anche me“.
Un aiuto decisivo, quello dell’amico, che ha permesso al gestore della palestra di non sprofondare in un baratro pericolosissimo: “All’inizio ero scettico, hai tanta paura che non credi più a niente: non pensavo che ci fosse qualcuno che davvero potesse aiutarmi“, spiega l’uomo riferendosi all’ambulatorio anti-usura. “E invece è stato così. Stavo per rovinarmi: oggi mi sento un miracolato“.