L’Italia va verso una lenta ma progressiva riapertura ed il microbiologo Andrea Crisanti, spesso critico verso l’operato del Governo, si oppone a questa decisione.
Se il tema della riapertura del paese ha già creato discussioni interne all’esecutivo del Governo Draghi, la decisione ha anche portato ad un nuovo dibattito tra scienziati come Andrea Crisanti, il microbiologo convinto che la decisione di riaprire ed alleggerire le misure anti Covid sia un rischio troppo grande per la situazione epidemiologica in cui si trova il paese: “Da settimane viaggiamo tra i 15 e i 20 mila casi al giorno: un plateau altissimo, che non consente di progettare riaperture“, afferma il medico opponendosi alla scelta del Governo Draghi che ha già annunciato progressive riaperture a partire dal 26 aprile. Il microbiologo Crisanti ha anche parlato dell’esempio britannico, ricordando che il paese procede con una riapertura graduale avendo già vaccinato circa il 13% della popolazione del paese contro il 7% dell’Italia che ancora arranca nella campagna vaccinale.
Crisanti è preoccupato non soltanto di una ripresa della curva epidemiologica per quanto concerne contagi e decessi ma anche per l’ipotesi che una riapertura troppo affrettata potrebbe compromettere l’estate, periodo in cui il settore terziario potrebbe essere protagonista di una decisa ripresa economica: “Sento parlare di rischio calcolato, ma come? Di calcolato vedo ben poco e il vero rischio è giocarci l’estate. Allora diciamolo chiaramente: la scommessa è riaprire ora per vedere se a giugno dobbiamo richiudere tutto”, dice il microbiologo senza indorare la pillola. Ma il Governo non torna indietro sulla decisione, con il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Silieri che insiste sul fatto che le riaperture saranno irreversibili. “Il Governo si assumerà la responsabilità di tale decisione. Lo dico chiaramente: riaprire ad aprile è una stupidaggine epocale“, ammonisce Crisanti. Per il microbiologo comunque non è detta l’ultima parola: un aumento dei vaccini somministrati ogni giorno in Italia almeno fino alle 350.000 dosi giornaliere potrebbe garantire la tenuta del sistema sanitario: ma al momento, la situazione non appare rosea.