Sul caso Open Arms la storia è tutt’altro che conclusa. L’ex Ministro dell’Interno Matteo Salvini alla fine dovrà confrontarsi con un giudice, in un aula di Tribunale, per la gestione dei migranti durante il primo Governo Conte. Una vicenda che porta alle estreme conseguenze il conflitto tra l’ex premier e il leader della Lega.
“Si dispone il rinvio a giudizio.Non ci sono elementi per il non luogo a procedere” – queste le parole del giudice per l’udienza preliminare Jannelli. E così l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini dovrà andare a processo per il caso Open Arms. Il leader della Lega è accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per aver bloccato in mezzo al mare, per sei giorni, 147 migranti salvati dall’Ong spagnola nell’agosto 2019 quando era al Viminale nel primo Governo guidato da Giuseppe Conte. L’udienza è stata fissata per il 15 settembre, a Palermo. L’ex ministro dell’Interno aveva inviato una memoria di 110 pagine al giudice per ribadire la sua difesa. Ha ribadito di aver seguito un preciso indirizzo del Governo: prima la redistribuzione dei migranti in Europa, poi gli sbarchi. E ha proseguito argomentando: “Non c’era l’obbligo di fornire un porto sicuro. La libertà di movimento dei migranti a bordo dell’Open Arms non è stata mai limitata per effetto di condotte riferibili al ministero dell’Interno. La nave aveva la possibilità di navigare verso altre destinazioni”.
Ma la sua ricostruzione è stata bocciata dal gup. Il rinvio a giudizio dell’ex ministro è stato chiesto dal procuratore capo Francesco Lo Voi e anche le 23 parti civili che si erano costituite. Determinanti sono state le parole dell’ex Presidente del Consiglio Giuseppe Conte che all’epoca dei fatti era alla guida dell’esecutivo. Il procuratore Lo Voi, infatti, ha puntualizzato: “L’ex presidente del Consiglio Conte si è espresso in maniera chiarissima la concessione del porto sicuro era di competenza esclusiva del ministro dell’Interno. E in consiglio dei ministri non si è mai discusso dei singoli casi. Il contratto di governo non parlava affatto di blocco indiscriminato e generalizzato delle navi”.
Diversa impostazione ha scelto la procura di Catania per un’imputazione simile inerente il caso della nave della Guardia Costiera Gregoretti. Anche in quella situazione 134 migranti furono bloccati in mare per cinque giorni, nel luglio di due anni fa. In udienza, il sostituto procuratore Andrea Bonomo ha chiesto per l’ex ministro dell’Interno il “non luogo a procedere perché il fatto non sussiste”. Per la procura etnea, il trattenimento di quei migranti non fu un atto illegittimo e le scelte di Matteo Salvini furono condivise dal Governo. Posizione, pertanto, in tutto opposta a quella di Palermo pur trattandosi di due casi molto simili e pur riguardando sempre gli stessi attori in quanto tanto per la Open Arms quanto per la Gregoretti a Palazzo Chigi c’era Giuseppe Conte e ai Trasporti il pentastellato Danilo Toninelli. A Catania, il gup Nunzio Salpietro deciderà il 14 maggio. Lo stesso Matteo Salvini, uscito dall’aula a Palermo non ha nascosto ciò che pensa e cioè che il processo sia fortemente politicizzato. Il capo del Carroccio ha rilanciato tirando in ballo l’ex presidente dell’Associazione nazionale dei magistrati, Luca Palamara: “Quanto costa questo processo politico? Su due sbarchi, con due identiche fattispecie di reato, a Catania si dice ho fatto bene, a Palermo che ha fatto male. Com’è possibile? Chiederò al mio avvocato di citare Palamara, aveva detto che bisognava processare Salvini” – le ultime parole di Salvini prima di lasciare l’isola.
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