Lo stop alla somministrazione del vaccino Johnson&Johnson negli USA rischia di produrre conseguenze anche sulla campagna vaccinale europea. Intanto, l’Unione valuta quali iniziative prendere per il futuro.
Prima, i problemi e i dubbi su AstraZeneca; dopo la replica anche per il vaccino realizzato da Johnson&Johnson, sospeso ieri dalla Food and Drugs Administration – l’ente regolatorio statunitense, il corrispettivo USA della nostra Ema. Una decisione arrivata dopo pochissimi casi di trombosi rilevati negli Stati Uniti – 6 su circa 6 milioni e 800 mila vaccinazioni – ma comunque destinato a produrre conseguenze.
Le conseguenze immediate riguardano la limitazione dell’utilizzo del trattamento alla categoria degli over 60: una scelta che il Governo sembra intenzionato a confermare. Ma le novità potrebbero riguardare il futuro della campagna vaccinale: le crescenti preoccupazioni sui vaccini a vettore virale – AstraZeneca, Johnson&Johnson e Sputnik – potrebbero portare la Commissione Europea – in accordo con i leader e i Governi di diversi Stati membri – ad una decisione netta: orientarsi, a partire dal 2022, esclusivamente alla somministrazione di trattamenti che agiscono attraverso il principio dell’Rna messaggero, come Pfizer e Moderna.
Secondo quanto è venuta a conoscenza La Stampa da una fonte del Ministero della Salute, la Commissione europea, d’accordo con i leader di molti Paesi, avrebbe deciso che alla scadenza i contratti con le aziende che producono vaccini a vettore virale: AstraZeneca e Johnson&Johnson – non saranno rinnovati. Si vuole puntare tutto sui sieri a Rna messaggero, che trasporta le istruzioni per la produzione della proteina Spike. Se la scelta dovesse essere confermata, rappresenterebbe il trionfo di Pfizer e Moderna, che intanto – stanno proseguendo negli aumenti di prezzo dei trattamenti anti-Covid. Al contrario, sarebbe un colpo durissimo non soltanto per AstraZeneca e J&J – già autorizzati dall’Ema – ma anche per Sputnik – attualmente in fase di valutazione dall’agenzia regolatoria europea – e per ReiThera, il vaccino made in Italy in fase di sperimentazione.
Peraltro nei confronti di AstraZeneca, Johnson&Johnson e Sputnik, la diffidenza della popolazione è palpabile. E se nei primi due casi la incertezze riguardano soprattutto motivazioni tecnico-scientifiche nel caso del trattamento russo le questioni sono anche di natura geopolitica.
Un avvertimento sul tema il Premier Mario Draghi lo aveva lanciato nella conferenza stampa della scorsa settimana: “I prossimi saranno fatti meglio“, aveva detto riferendosi ai contratti per le forniture di vaccini, firmati in precedenza senza garanzie vere e proprie. Nel frattempo, Ministero della Salute e struttura commissariale sono al lavoro per valutare l’impatto che la frenata sul trattamento di J&J potrebbe avere sulla campagna vaccinale.
Il piano italiano non pare destinato a subire modifiche: si attende il via libera al trattamento J&J – che da qui a fine anno dovrebbe consegnare all’Italia 26 milioni e mezzo di dosi, corrispondenti ad altrettanti immunizzati – è un vaccino monodose – che, sommandosi ai 24,5 milioni di Pfizer, ai 10 di AstraZeneca e ai 4,6 di Moderna, dovrebbe portare a 45 milioni di dosi, cui potrebbero aggiungersi le 7,5 milioni di Curevac, un vaccino non ancora autorizzato, a Rna messaggero.
Se J&J dovesse incontrare altri problemi la campagna vaccinale ne risentirebbe: la defezione di 7 milioni di iniezioni a dose unica rappresenterebbero infatti un duro colpo al piano. Meno grave appare l’ipotesi – probabile – che si opti per limitarne la somministrazione agli over 60 perché entro la fine dell’anno, dovrebbero in ogni caso arrivare circa 74 milioni di dosi di Pfizer e Moderna, sufficienti a immunizzare la parte più giovane della popolazione.