Covid, 627 morti, 13.708 nuovi casi. Italiani chiusi in casa ma solo una persona su mille s’infetta all’aperto

Diversi studi hanno rilevato che solo una minoranza dei contagi di Covid avviene nei luoghi aperti. E’ più facile contrarre il virus negli ambienti chiusi.

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Getty Immages/Go Nakamura

Il Ministero della Salute informa che i casi totali – attualmente positivi, morti e guariti – sono saliti di 13.708 unità e portano il totale a 3.700.393. Nelle ultime ventiquattro ore 627 morti che fanno salire le vittime a 112.374 e 20.927 guariti che raggiungono quota 3.040.182. Totale persone vaccinate: 3.593.223.

I casi attualmente positivi scendono a 547.837, – 7868 rispetto a ieri. I pazienti ricoverati sono 29.316, -21 mentre nelle terapie intensive 3683 assistiti, – 60 da ieri.

Covid: una persona su mille s’infetta all’aperto

Lo scorso anno, a stretto giro con la scoperta del primo caso di Covid in Italia, il lockdown nazionale. Dopo un periodo di riaperture estive, sono seguiti mesi in cui le diverse Regioni italiane hanno iniziato a cambiare frequentemente colore passando dal giallo, all’arancione al rosso in base al numero di contagi e alla situazione delle terapie intensive. Ci è stato più e più volte ripetuto di restare in casa il più possibile, specialmente se si vive in territori collocati in zona rossa. Durante le festività di Pasqua appena trascorse tutta Italia – su richiesta degli esperti – si è colorata di rosso con il divieto di spostarsi tra regioni, e l’obbligo di allontanarsi da casa solo con autocertificazione e per necessità di salute o lavoro. Ma ora nuove ricerche potrebbero rovesciare tutto. In base ai dati resi noti dall’Health Protection Surveillance Centre – che ha il compito di monitorare la diffusione del Covid 19 in Irlanda – emerge che solo 1 persona su 1000 s’infetta in luoghi aperti. Dall’inizio della pandemia fino al 24 marzo sono stati rilevati 232.164 casi di Covid. Di questi solo 262 erano legati a una trasmissione avvenuta all’aperto: cioé solo lo 0,1% del totale.

Ma lo studio irlandese non è l’unico ad andare in questa direzione. Una ricerca svolta in Cina che ha coinvolto 1.245 contagiati. ha rilevato che solo tre casi erano attribuibili ad attività all’aperto. La maggior parte dei contagi – ben l’80% – è avvenuto tra le mura domestiche mentre il 34% sui mezzi pubblici. Non solo. Tutti i focolai che hanno coinvolto tre o più persone sono avvenuti in ambienti chiusi. Dunque il rischio maggiore non è rappresentato dalla corsetta al parco ma dalla permanenza in luoghi chiusi, specialmente se poco ventilati. E, passando dalla Cina agli Stati Uniti, secondo una revisione dell’Università della California – che ha analizzato cinque studi sul tema – la possibilità di contrarre il virus negli ambienti chiusi è maggiore di ben 19 volte rispetto al rischio all’aperto.

Tuttavia, anche all’aperto – per quanto gli studi dimostrino che il rischio d’infettarsi è minimo – non bisogna abbassare la guardia. E’ fondamentale adottare atteggiamenti prudenti. Il virologo dell’Università Statale di Milano, il professor Fabrizio Pregliasco consiglia vivamente di continuare ad indossare la mascherina. Di diverso avviso il professor Giorgio Buonanno – docente ordinario di Fisica tecnica ambientale all’Università degli Studi di Cassino e alla Queensland University of Technology di Brisbane in Australia – ha spiegato: “Tutto dipende dalla dose di aerosol infetto che si inala. Il rischio diventa non trascurabile durante una conversazione che dura per più di un quarto d’ora, senza mascherina, tra più persone una di fronte all’altra. Se invece si sta di fronte a una persona che solo respira, anche a un metro di distanza il rischio di contagio è trascurabile“. In pratica l’importante, più che restarsene a casa, è mantenere le giuste distanze. Lo scienziato ha specificato che i droplets – le goccioline più grandi emesse parlando o anche solo respirando – cadono entro cinquanta centimetri. Invece l’aerosol – le goccioline più piccole – si dissolvono entro un metro e mezzo. Di conseguenza con una distanza di un metro e mezzo, anche senza mascherina, il rischio di contagio è minimo e molte attività potrebbero essere svolte senza pericoli. L’esperto sostiene che, addirittura, potremmo tornare serenamente allo stadio: “Se i tifosi allo stadio mantengono il metro e mezzo di distanza, anche se dovessero urlare e tra loro ci fosse un positivo, il rischio di contagio è quasi nullo. Le criticità possono essere gli ingressi e le uscite, se le distanze non vengono garantite“.

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