Il report annuale pubblicato dall’Istat evidenzia il drastico calo demografico che riguarda l’Italia, che nel 2020 fa registrare il saldo peggiore dal 1918.
Come già osservato in diversi altri settori, la pandemia che da un anno sconvolge le nostre vite non ha fatto altro che aggravare una serie di crisi già in corso nel nostro sistema. Oltre al terribile peggioramento di un quadro economico già complesso – con un incremento vertiginoso del debito pubblico, la chiusura di decine di migliaia di attività e la comparsa di centinaia di migliaia di nuovi poveri – a risentire della crisi pandemica è anche il settore demografico; e così l’Italia, che già dal 2015 affrontava un declino lento ma inesorabile, ha visto drasticamente peggiorare la situazione negli ultimi 12 mesi.
A comportare questo calo demografico sono stati da una parte l’aumento dei decessi – quasi 112 mila in più rispetto al 2019, pari al 17,6% in più – e, dall’altra, la diminuzione delle nascite – quasi 16 mila in meno, con un saldo percentuale di -3,8%. Dati che hanno fatto sì che l’Italia chiudesse il 2020 con un saldo negativo di 342 mila unità. Un valore secondo soltanto a quello del 1918, quando la diminuzione di popolazione fu di 648 mila unità, in conseguenza di un’epidemia di spagnola che comportò quasi la metà del totale di 1,3 milioni di decessi registrati in quell’anno.
“E’ come se fosse sparita una città grande quanto Firenze“, si legge nel report dell’Istat. Le 746.146 morti registrate nel 2020 – il numero più alto mai registrato dal secondo dopoguerra – rappresentano un aumento rispetto alla media di oltre 100 mila unità, pari al 15,6%. Ma se si osservano, più nel dettaglio, i dati relativi alla crisi sanitaria – a partire dal marzo 2020 – l’eccesso di morti rispetto alla media dello stesso periodo negli ultimi 5 anni è del 21%.
E mentre il numero dei morti cresceva inesorabilmente, si registrava una diminuzione nel numero delle nascite, arrivate a un nuovo minimo storico dai tempi dell’Unità d’Italia: sono infatti appena 404.104 i bambini nati nel 2020. Un calo che ha caratterizzato tutti i mesi del 2020 ad eccezione di febbraio, complice anche il fatto che, trattandosi di un anno bisestile, contava un giorno in più. L’accento maggiore nella diminuzione delle nascite si è registrato tra novembre e dicembre – con un calo de 10,3% nell’ultimo mese dell’anno: il primo in cui, considerando i tempi di una gravidanza, si sono potuti osservare gli effetti della prima ondata epidemica.
L’anno in corso è destinato anche a pagare il prezzo di un’altra conseguenza della pandemia: il crollo verticale di matrimoni e unioni civili. I dati raccontano di un calo del 47,5% rispetto al 2019 – già stati in calo rispetto al dato precedente – per un totale di 96.687. La diminuzione più netta ha riguardato i matrimoni religiosi – con un calo del 68,1% – mentre quelli civili sono diminuiti del 29%. Anche in questo caso, a pesare sulla dinamica sono stati i contagi e le misure di distanziamento: osservando l’andamento generale si nota una crescita nei primi due mesi del 2020, un crollo durante il lockdown e i mesi successivi, una nuova risalita durante la fase di transizione estiva e un nuovo tracollo in coincidenza della seconda ondata. Discorso analogo può farsi per le unioni civili tra persone dello stesso sesso, arrivate a quota 1527 nel 2020, con un calo del 33,5% rispetto all’anno precedente. Ma a peggiorare il calo demografico complessivo del nostro Paese contribuisce anche il crollo, netto, dei movimenti migratori: dalle anagrafi nazionali risultano infatti 1.586.292 nuovi iscritti, a fronte di 1.628.172 cancellazioni.