Legnano, i titolari del ristorante gettano la spugna: “Costretti a chiedere la paghetta ai genitori”

Il risto-pub Barbaresco di Legnano è uno dei tanti locali che, a causa delle restrizioni anti-Covid, rischia di andare incontro a una chiusura definitiva.

I titolari del risto-pub gettano la spugna
Vittorio Zunino Celotto/Getty Images/Archivio

La crisi economica derivante dalla pandemia si fa sempre più intensa. E ora che l’Italia si appresta ad affrontare un nuovo, durissimo, periodo di chiusure, sono molte le attività che vedono crescere l’incertezza e i dubbi sul proprio futuro. Tra i settori più colpiti, inevitabilmente, c’è quello della ristorazione e della somministrazione di cibi e bevande. Luoghi di convivialità e socialità, dove spesso le persone, nonostante l’attenzione che si possa fare al rispetto delle norme di sicurezza, tendono ad abbassare la propria soglia di attenzione, facendo di bar e ristoranti luoghi più esposti di altri al rischio di diffusione dei contagi.

E così, nonostante il cambio di guida politica al Governo del Paese, le nuove misure varate dal Premier Mario Draghi ricalcano in tutto e per tutto quelle adottate dal precedente Esecutivo, con chiusure che, a partire da lunedì, verranno imposte praticamente in tutta Italia, divisa quasi completamente tra Regioni arancioni e rosse. Misure durissime per migliaia di attività che rischiano la chiusura definitiva. Tra queste il risto-pub Barbaresco, uno dei più noti e frequentati di Legnano, nell’area della città metropolitana di Milano: “Potremmo decidere di chiudere per sempre“, si sfogano sui social i gestori dell’attività. “Dopo un anno di resistenza, purtroppo dobbiamo arrenderci e dichiarare che hanno vinto loro”, si legge in un lungo post. “Sono ormai molti i mesi passati a lavorare senza avere modo di garantirci un minimo stipendio“.

Un periodo complicatissimo, che pare aver stremato i titolari del risto-pub: “Ci sembra doveroso comunicarvi che non possiamo escludere la possibilità che il Barbaresco sia costretto a chiudere, temporaneamente o definitivamente. In questi mesi ci è capitato spesso di paragonarci a don Chisciotte che combatte contro i mulini a vento, solo che in questo caso i nemici non sono inventati ma sono reali e seduti comodi nei loro scranni in Parlamento“, scrivono ancora i soci dell’attività, che accusano la politica per la cattiva gestione della pandemia. “Noi ristoratori siamo nella medesima situazione di 365 giorni fa con l’aggravante di un anno di mancati incassi, di finanziamenti che le banche vogliono riscuotere e soprattutto di promesse mai mantenute da chi ci governa“.

D’altra parte, a un anno dall’inizio del lockdown, la situazione sembra essere ancora ben lontana da una soluzione. E l’economia ne risente in maniera pesantissima. “Dopo 17 anni di lavoro e sacrifici ci ritroviamo a livello societario economicamente azzerati e singolarmente costretti a chiedere come 20 anni fa le paghette mensili ai nostri genitori per mantenere mogli e figli“, raccontano ancora i titolari del Barbaresco. “Il tutto potrebbe essere accettato se le colpe fossero nostre, ma quando si è in questa posizione per demeriti di terzi allora tutto cambia“, dicono i titolari dell’attività, che ripercorrono lo slalom tra chiusure, aperture e limitazioni vissuto negli ultimi dodici mesi.

Ma anche i ristori, che sarebbero dovuti arrivare per dare un sostegno alle attività maggiormente colpite dalle limitazioni, si sono rivelati insufficienti e, in alcuni casi, non sono ancora arrivati: “A fronte di una perdita di fatturato di oltre 400 mila euro ci viene ristorato in 3 momenti differenti un totale di 30 mila euro a livello societario e 1200 euro ai singoli soci“, si lamentano i titolari. E il recente avvicendamento di Governo pare non aver favorito l’erogazione dei sussidi, rimasti per ora bloccati a causa dei tempi che, tecnicamente, sono necessari quando un nuovo Esecutivo entra in carica. “Purtroppo i “non mollate” non bastano più“, concludono i titolari del Barbaresco.

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