Durante il suo discorso al Senato, Mario Draghi ha parlato di modello danese. Di cosa si tratta? Per cominciare, con tale sistema verrebbe alleggerito l’Irpef.
Mario Draghi, un’economista che in passato ha lavorato come presidente della Banca Centrale Europea, è convinto che proprio il modello di tassazione danese, tipico di un paese con un Pil che spicca tra i primi posti per quanto riguarda l’Unione Europea. Ma ciononostante, sulla carta, le differenze tra il nostro paese e quello scandinavo non sono tanto marcate: la Danimarca è il primo paese per rapporto tra gettito fiscale e Pil con il 46,7%. L’Italia viene al sesto posto nella classifica europea con il 42%. Valori molto superiori alla media Ocse che si aggira sul 34,2%. Inoltre potrà sembrare strano ma un paese con un elevato benessere socio-economico come la Danimarca condivide un problema non da poco con il nostro paese, quello dell’evasione fiscale. Nonostante l’invidiabile modello danese, la nazione di Copenaghen presenta un poco invidiabile record di 3.027 euro di evasione fiscale media pro capite che è secondo solo a quello nostrano, pari a circa 3.156 euro. Tante similitudini che rendono – per Mario Draghi – plausibile un’adozione del modello per la tassazione danese anche in Italia grazie ad una riforma che toccherà vari punti sensibili dell’economia italiana.
Per prima cosa, in Danimarca la tassazione sulle persone fisiche passa attraverso cinque imposte – stando ad una legge emanata a metà degli anni 90 – di cui una facoltativa. Tali tasse sono rispettivamente il contributo al mercato del lavoro, l’imposta fiscale, quella ecclesiastica, quella statale e gli oneri sanitari. In Danimarca tutti i residenti sono sottoposti a tassazione e per essere considerati residenti nel paese basta passare almeno sei mesi consecutivi nella nazione scandinava. Il sistema adottato dal Governo di Copenaghen presenta alcune agevolazioni fiscali per determinate categorie, quali i genitori con più figli a carico – pari all’equivalente in corone di 7.046 euro – ed un esenzione fiscale sui primi 8.632 euro per i nuovi contribuenti. Il paese ha un sistema di aiuti per i disoccupati e rimborsi per le spese sui trasporti verso scuola e lavoro. L’Iva è leggermente superiore in Danimarca rispetto che in Italia: vale il 25% rispetto al nostro 22% e – come accennato – nel paese esiste una tassa ecclesiastica istituita nel 1997. La chiesa è anche esentata dalle tasse così come servizi sanitari industriali, sistemi di risanamento per le infrastrutture e fondi pensionistici.
Al momento, non è dato sapere quali misure e quali tasse del modello danese Draghi intenda introdurre in Italia. Ciò che il premier ha detto su questa presunta riforma è che: “Renderà il paese attraente dal punto di vista lavorativo e favorirà il risparmio di capitale“. Si tratta di un progetto molto ambizioso e resta da vedere se le parole del premier avranno un seguito e soprattutto in quanto tempo.