Si rifiuta di servire il cliente sprovvisto di mascherina: barista licenziato in tronco

Un barista di 55 anni è stato licenziato per essersi rifiutato di servire un cliente entrato in Autogrill senza indossare la mascherina.

Rifiuta di servire il cliente sprovvisto di mascherina: barista licenziato
Marco Di Lauro/Getty Images/Archivio

Licenziato in tronco per essersi rifiutato di servire un cliente che, nonostante le regole di sicurezza anti-Covid, era entrato in Autogrill senza indossare la mascherina. Una decisione dura, da parte dell’azienda, che aveva immediatamente deciso di cacciare il lavoratore, un uomo di 55 anni, colpevole di aver semplicemente fatto presente al cliente che l’obbligo di indossare la mascherina riguardava tutti i presenti.

Ora il Tribunale di Arezzo ha deciso di dare ragione al lavoratore, dichiarando illegittimo il suo licenziamento e stabilendo il suo reintegro nell’organico aziendale. Una decisione obbligata visto che, come sottolinea il professore ordinario di Diritto del Lavoro dell’Università di Pisa Pasqualino Albi, l’uomo non aveva fatto altro che il proprio dovere, invitando il cliente ad indossare un dispositivo di protezione obbligatorio per tutti. Un intervento, quello del lavoratore, volto a tutelare la salute sua, dei colleghi e di tutti i clienti presenti in quel momento all’interno dell’Autogrill.

Sulla base di questa valutazione, il Tribunale del Lavoro ha deciso che il comportamento del dipendente non avrebbe arrecato alcun tipo di danno all’azienda e che anzi, la scelta di rifiutarsi di servire il cliente senza mascherina da parte del licenziato avrebbe evidenziato grande senso di responsabilità: secondo le informazioni disponibili, il cliente sarebbe entrato nel negozio completamente non curante delle normative vigenti e si sarebbe avvicinato al bancone con il volto scoperto. Quando il barista gli aveva fatto notare l’obbligo di indossare il dispositivo di protezione, la risposta dell’uomo era stata scontrosa, tanto che tra i due era nato un piccolo battibecco, concluso con il cliente che si allontana dall’Autogrill senza fare acquisti.

Una volta lasciata l’area di servizio di Badia al Pinto, sull’autostrada A1, l’uomo si sfoga su Facebook, raccontando in un post il trattamento ricevuto. E’ a quel punto che l’azienda, visualizzata la protesta social del cliente, decide di raccogliere informazioni sul dipendente e di licenziarlo.

Il barista non si è perso d’animo e si è rivolto al giudice del lavoro, che alla fine ha riconosciuto la piena legittimità del suo operato. “La prestazione di lavoro può essere eseguita soltanto se si svolge in sicurezza, altrimenti si espone se stessi e gli altri a un rischio“, spiega ancora il professor Albi. “Immaginiamo che a un lavoratore venga chiesto di calarsi in un pozzo alla cui base corrono cavi di alta tensione. Se il datore di lavoro chiedesse di farlo e il dipendente si rifiutasse non sarebbe inadempiente, anzi. Esiste una disciplina generale che riguarda l’obbligo del datore in materia di sicurezza e che fa capo all’articolo 2.087 del Codice civile“. Ed è proprio a questa normativa che, nello stabilire il reintegro del dipendente licenziato, ha fatto riferimento il Tribunale. “Nel caso del barista, il cliente entrato senza indossare la mascherina rappresentava un potenziale rischio di contagio da Covid-19. Non dimentichiamo che siamo nel bel mezzo di una pandemia“, evidenzia il giuslavorista, che spiega poi che il dipendente licenziato per non aver servito un cliente senza mascherina non abbia fatto altro che un atto di grande responsabilità: “Lo ricordiamo: è un diritto del lavoratore proteggere la sua salute. Che, al tempo stesso, diventa un dovere etico“, conclude Albi.

D’altra parte, l’obbligo di mascherina è in vigore ormai da mesi e riguarda qualsiasi tipo di ambiente, a maggior ragione locali chiusi: diversi, in questo periodo, sono stati i casi di cittadini multati per non aver rispettato questa misura e anche il segretario della Lega Matteo Salvini era stato sanzionato per non aver indossato il dispositivo di protezione.

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