Attraverso l’invio di una serie di raccomandate, l’Inps sta chiedendo a diversi contribuenti la restituzione del bonus 600 euro stanziato attraverso il Decreto Cura Italia.
Brutta sorpresa per alcuni contribuenti, che negli ultimi giorni si sono visti recapitare una raccomandata riguardante un “accertamento somme indebitamente percepite su prestazione indennità per emergenza Covid-19“. La cifra cui si fa riferimento è quella relativa al bonus di 600 euro stanziato per fronteggiare l’emergenza economica derivante dalla pandemia in occasione del Decreto Cura Italia, di cui ora si chiede ad alcuni la restituzione. Nell’avviso si legge che la somma sarebbe stata percepita nonostante non spettasse al contribuente raggiunto dalla raccomandata.
La misura del bonus era stata varata per aiutare lavoratori autonomi e professionisti a fronteggiare i mesi di assenza forzata dal lavoro ed era già finita al centro di un polverone politico per via della richiesta di ricevere il bonus inoltrata, in alcuni casi con successo, dal alcuni parlamentari.
Ora, a quasi un anno di distanza dalla ricezione del bonus, diversi contribuenti si vedono inoltrare dall’Inps la richiesta di restituzione della somma percepita: “A seguito di verifiche è emerso che lei ha ricevuto, per il periodo 01/03/2020-30/04/2020, un pagamento non dovuto sulla prestazione indennità per emergenza Covid-19 per un importo complessivo di 1.200 euro“, si legge nell’avviso recapitato dall’Ente previdenziale. “E‘ stata percepita l’indennità una tantum per emergenza Covid, di cui all’articolo 28 del decreto-legge 17 marzo 2020 nr. 18, non spettante“, è scritto ancora nell’avviso, che si conclude con la richiesta di restituzione dell’importo, senza però specificare le ragioni per le quali la ricezione del bonus da parte del contribuente sarebbe stata impropria.
Antonio Gigliotti, fondatore di Fiscal Focus, il sito specializzato che per primo ha dato notizia degli avvisi inviati, ha spiegato che “Le uniche informazioni fornite sono la natura dell’indennità contestata, il suo ammontare, l’importo da versare, le modalità di pagamento e come fare, eventualmente, ad ottenere chiarimenti“. Circostanze poco chiare che secondo Gigliotti rappresentano “assolutamente un’anomalia“; particolarmente singolare, poi, è il fatto che nell’avviso non venga indicata la motivazione. “E i chiarimenti sono impossibili: i call center non danno spiegazioni e andare materialmente negli uffici non è possibile, quindi il contribuente è all’oscuro“.
Un quadro poco chiaro che testimonia ancora una volta come la macchina amministrativa italiana – con particolare riferimento all’Inps – possa essere messa in condizioni di lavorare meglio: in questo senso eclatante era stato, nelle scorse settimane, il caso del ristoratore che non aveva più ricevuto i ristori che gli spettavano dopo aver restituito una somma eccessiva, erroneamente erogata in suo favore dall’Ente.
“Tocca rilevare, ancora una volta che i contribuenti non sono posti nelle condizioni di comprendere appieno l’indebito comportamento loro contestato, condizione essenziale per poter valutare la correttezza della pretesa avanzata dall’Inps“, spiega ancora Gigliotti, che sottolinea come l’unica cosa da fare, per cercare di chiarire la questione relativa al bonus 600 euro e alla sua restituzione, è “contattare gli uffici, entro 30 giorni dalla ricezione; in alternativa, è possibile rivolgersi gli Enti di patronato riconosciuti“.
Fondamentale rispettare la scadenza temporale: “Decorsi i 30 giorni“, infatti, “come si evince dalle indicazioni presenti nell’avviso di pagamento pagoPA accluso alla missiva, l’Inps sarà tenuto per legge ad avvalersi dell’agente della riscossione competente per il recupero coattivo dei propri crediti“.