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Politica

Sì a Ciampolillo e Mastella, ora no a Draghi: il M5s non riesce a governare sé stesso

Fibrillazione nel Movimento 5 Stelle sulla scelta da fare rispetto alla possibiltà di sostenere il Governo di Mario Draghi: l’assemblea di ieri ha portato a un nulla di fatto. 

Luigi Di Maio/Vittorio Zunino Celotto, Getty Images

I numeri. Come sempre, tutto ruota attorno ai numeri. Quelli che hanno condannato il Governo di Giuseppe Conte, svuotato al Senato del sostegno indispensabile per proseguire, e che ora sono l’obiettivo della caccia del Premier incaricato Mario Draghi. E se l’appoggio di alcune forze politiche – PD, Italia Viva, +Europa, Azione, Cambiamo, Europeisti – appare scontato, è altrettanto chiaro che senza il sostegno di una parte consistente dei parlamentari della Lega, o del Movimento 5 Stelle – o di entrambe le forze – anche l’ex Presidente della Bce rischia di non trovare la Maggioranza in Aula.

La grande incognita riguarda proprio i grillini, dilaniati da un confronto interno su più piani e di fronte ad una scelta che racchiude, simbolicamente, tutte le contraddizioni che nell’ultimo decennio hanno caratterizzato il Movimento, costretto ora a scegliere tra la linea governista e quella della contestazione, tra il banchiere che rappresenta tutto ciò che i 5 Stelle si proponevano di distruggere e un possibile – e pericolosissimo, per loro – ritorno anticipato alle urne.

Quanto a responsabilità abbiamo già dato, dovranno farcela senza di noi“, è la posizione più frequente tra gli esponenti del Movimento. Ma non l’unica. Certo, dopo aver superato, più o meno indenne, il rischio di scissione in numerose occasioni, il rischio che questa sia la volta in cui la spaccatura si riveli insanabile è concreto: d’altra parte, dall’inizio dell’attuale legislatura nel 2018 – iniziata con il trionfo grillino alle elezioni – il Movimento ha sperimentato praticamente tutte le alleanze possibili, formando un Governo con la Lega, portandone avanti un secondo con il PD ed il Centrosinistra, aprendo alla possibilità di imbarcare berlusconiani e centristi vari per dar vita al Conte ter. Ora, il Governo tecnico, incubo dei duri e puri a 5 Stelle e simbolo dell’odiatissimo establishment, potrebbe far saltare il banco.

Che qualcuno sia tentato dall’ipotesi di allungare la legislatura – probabilmente fino alla naturale scadenza – è certo. Tanto che i vertici del Movimento viene data quasi per certa la fuoriuscita di una quota di parlamentari compresa tra il 10 ed il 20%. “Che se ne vadano, significa che erano degli infiltrati“, trapela dai piani alti dei 5 Stelle. Ma neanche loro sanno, in cuor loro, come si chiuderà questa partita.

Il reggente Vito Crimi detta la linea, ripetendo che il Movimento non appoggerà il Governo Draghi e insistendo sulla volontà di un Esecutivo politico. Ipotesi che appare, a questo punto, a dir poco improbabile. Tanto che lo stesso Di Maio, pur ribadendo a sua volta che “la strada da intraprendere è quella di un Governo politico“, ha anche esplicitamente bloccato sul nascere qualsiasi attacco a Draghi da parte dei suoi. E se Di Battista aveva scagliato la prima pietra già martedì sera, l’ex Ministro degli Esteri sottolineava ieri che siamo di fronte a “un economista di fama internazionale che ha legittimamente e correttamente risposto a un appello del capo dello Stato“. Insomma: per ora i 5 Stelle si chiamano fuori, ma è meglio essere prudenti – sembra dire Di Maio – e non lasciarsi andare a uscite polemiche di cui ci si potrebbe presto pentire. Anche più esplicito un altro Ministro uscente, Federico D’incà: “E’ sempre importante sedersi a un tavolo perché la presenza del M5s impedisce che si possa fare male al Paese“.

Certamente dall’assemblea di ieri è emerso un quadro ben più eterogeneo di quanto, probabilmente, gli stessi vertici grillini si aspettassero. Sono in molti, tra Camera e Senato, a chiedere di aspettare, di valutare programmi e squadra di Governo proposti da Draghi, perché votare “su una persona sola” non avrebbe senso. “No alle pregiudiziali sul Governo del Presidente“, ha detto ieri pomeriggio il Senatore Primo Di Nicola, sottolineando come porsi in una posizione di apertura sia “un dovere nei confronti dell’appello del Presidente della Repubblica e un dovere per il Paese“. Soprattutto perché, ha insistito Di Nicola, la prospettiva alternativa – quell’Esecutivo politico di cui hanno parlato Crimi e Di Maio – non sembra esistere: “Non c’è presupposto di base per avventurarci in questa scelta che potrebbe isolarci anche dai cittadini, visto che Draghi apparirà come salvatore della Patria“. Una posizione condivisa da diversi parlamentari grillini, in un caos che, alla fine, ha trovato l’accordo su un unico punto: in questo momento, l’unica cosa da fare, è temporeggiare.

 

 

Pubblicato da
Lorenzo Palmisciano

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