Il papà di una studentessa cui era stato sequestrato lo smartphone durante una lezione ha deciso di denunciare la preside dell’istituto per appropriazione indebita.
Che l’utilizzo dei telefoni cellulari durante l’orario di lezione sia proibito a scuola non è certo una novità. Si tratta di una consuetudine diffusa praticamente in tutti gli istituti del nostro Paese. E se in molti casi, i ragazzi hanno l’obbligo di consegnare il proprio smartphone al momento dell’ingresso in classe, per poi recuperarlo alla fine delle lezioni, in tutti gli altri c’è il rischio – per gli studenti più indisciplinati – di incappare nel sequestro del dispositivo, che verrà custodito dagli insegnanti fino all’orario di uscita da scuola. O, nei casi più severi, fino a quando non sarà un genitore del ragazzo a presentarsi per recuperarlo.
Una prassi applicata anche nell’istituto comprensivo di corso Sacchirone a Carmagnola, non lontano da Torino, dove però l’iniziativa di una docente – che aveva deciso di sequestrare il telefono ad una studentessa – ha portato ad una reazione inattesa – e certamente spropositata – da parte del papà della ragazza, che ha deciso di denunciare la preside della scuola per appropriazione indebita. E così, dopo le polemiche politiche sul caos legato alla riapertura degli istituti e alle difficoltà legate ad un’annata particolarmente complessa, la dirigente scolastica si trova a dover fronteggiare anche una denuncia nei propri confronti.
I fatti si svolgono durante l’ora di arte. La ragazza, disattenta rispetto alle spiegazioni dell’insegnante, gioca con il proprio cellulare. La docente, spazientita, le impone di consegnare il dispositivo che, secondo quanto previsto dal regolamento scolastico, potrà essere riconsegnato soltanto ad uno dei genitori della ragazza. “E fino a quando non viene riconsegnato, viene custodito in cassaforte al sicuro“, spiega la dirigente scolastica Carla Leolini. “Prima del Covid chiedevamo a tutti gli studenti, una volta entrati in classe, di lasciare il telefono in una scatola; ora, con la pandemia, non possiamo più lasciare gli apparecchi tutti insieme e quindi li facciamo mettere sul davanzale“, racconta ancora la preside, che sottolinea come sia dovere di un insegnante intervenire nel caso in cui uno dei suoi studenti, invece di seguire le lezioni, passi il tempo a distrarsi su uno smartphone.
Probabilmente un punto di vista diverso rispetto al papà della ragazza, che dopo aver fatto sapere di non potersi recare a scuola per recuperare il dispositivo e aver chiesto che lo stesso venisse riconsegnato direttamente alla studentessa, va su tutte le furie per via del rifiuto da parte dell’istituto. “Ma noi abbiamo un regolamento che è stato stabilito per una finalità educativa. Chiediamo che sia il genitore a venirlo a prendere perché così c’è un’occasione di confronto e collaborazione tra lui e l’insegnante“, precisa la dirigente scolastica. “Ci sono cellulari che sono rimasti in cassaforte per giorni“, aggiunge.
Sta di fatto che l’indomani, il papà della ragazza, presentandosi a scuola per farsi riconsegnare il telefonino ha duramente apostrofato il personale dell’istituto, accusando tutti di aver tenuto comportamenti illegittimi e, subito dopo, si è recato alla vicina Caserma dei Carabinieri di Carmagnola dove ha deciso di denunciare la dirigente scolastica.