Mentre l’indagine della Procura di Catanzaro fa saltare la trattativa per l’ingresso in Maggioranza dell’Udc, le attenzioni si concentrano sulla figura del Ministro della Giustizia Bonafede.
I guai sono arrivati proprio quando la trattativa per far entrare l’Udc in Maggioranza era in stato avanzatissimo. Mancava solo il sì definitivo per siglare un accordo che per molti, appena un paio d’anni fa, era inimmaginabile: quello che avrebbe messo insieme i democristiani di Lorenzo Cesa e i fiammeggianti grillini arrivati per ribaltare la casta. A pochi metri dal traguardo, però, è arrivata la notizia dell’indagine dei pm antimafia di Catanzaro e tutto è saltato. “Con chi è sotto indagine per associazione a delinquere non si parla“, ha fatto sapere Alessandro Di Battista.
“Il consolidamento del governo non può avvenire a scapito della questione morale“, ha confermato il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che pure aveva delegato il sottosegretario Riccardo Fraccaro a gestire la trattativa con i centristi, allettati dalla possibilità di veder piovere improvvisamente dal cielo un Ministero. Dopo i fatti di ieri, la trattativa potrebbe essere definitivamente saltata: un problema talmente grosso che ieri il vicesegretario PD Andrea Orlando è tornato ad evocare le elezioni: “Le vedo più vicine“, ha detto commentando le novità più recenti.
A fargli eco lo stesso Di Maio, che in una riunione con i suoi avrebbe cominciato addirittura a valutare una serie di preparativi da mettere in atto in vista della campagna elettorale: “Preparatevi, c’è davvero il rischio urne e il tempo è pochissimo“, il messaggio dell’ex Capo politico. E’ pur vero che agitare la minaccia delle elezioni è attività ritenuta particolarmente prolifica da parte di chi, le elezioni, vuole evitarle consolidando la propria posizione al Governo: parlare del voto potrebbe cioè essere un modo per stanare i “responsabili“ rimasti nell’ombra, convincerli che il momento di farsi avanti è arrivato.
Certo, la caccia ai nuovi soci di Maggioranza è tutta in salita. Anche perché è imminente la votazione del Senato – mercoledì – sulla relazione del Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Un tema doppiamente rischioso: non solo il Governo rischia di non avere i numeri, ma la Giustizia appare in questo momento il più divisivo dei temi, tanto che l’ipotesi di una sostituzione dello stesso Bonafede – big del Movimento ed ex studente di Conte, del quale favorì l’arrivo a Palazzo Chigi nel 2018 – non è più da scartare a priori. In questo senso le parole di Luigi Vitali – Senatore di Forza Italia segnalato come in procinto di saltare sul carro del Governo – sono praticamente un manifesto: “Per me sarebbe indigesto sostenere un governo che ha come ministro della Giustizia Bonafede“.
Il fatto è che, con Vitali, si potrebbero spostare anche tre sue colleghe forziste. E quattro voti, in questa fase, sono un bottino che non si può trascurare, a maggior ragione dopo che la trattativa con l’Udc si è schiantata sul muro della procura di Catanzaro. Il Senatore azzurro non esclude niente, ma ammette che al momento non vede margini per un gruppo di moderati pro-Conte e, citando Bonafede, pone una questione chiaramente centrale e potenzialmente esplosiva: con lui al Governo, è quasi da escludere l’ingresso di Senatori moderati. Senza i quali, però, è quasi da escludere la persistenza in vita del Governo stesso. Un bivio difficile, per il Movimento.
Intanto, anche Matteo Renzi attende con ansia la relazione di mercoledì, vista dall’ex sindaco di Firenze come l’occasione perfetta per mandare sotto l’Esecutivo. Certo, la trappola potrebbe essere sventata, rimandando ancora un po’ lo show down definitivo: magari qualche componente di Italia Viva potrebbe strategicamente essere assente dall’Aula, così da rendere più semplice la strada per il Governo – anche perché tra i renziani sono diversi coloro che, qualora l’astensione di martedì scorso si tramutasse in un voto di aperta contrarietà all’Esecutivo, sarebbero pronti a fare le valigie e tornare in Maggioranza. Ma il problema rimane lo stesso, ormai da giorni: i numeri di Conte non bastano.
E allora l’idea di fare a meno di Bonafede prende peso e forza, anche perché tra centristi e forzisti, renziani di ritorno e malpancisti vari che militano addirittura nel PD e nello stesso Movimento, sono in molti ad aver messo nel mirino il Ministro della Giustizia: “Dopo la legge Spazzacorrotti cosa potremmo fare ancora? Il suo nome non può essere di intralcio a un accordo“, fa sapere un’autorevole voce 5 Stelle, riferendosi a Bonafede.