Nessuno vuole le scorie nucleari, tutti i comuni contro il Governo

Dopo anni di attesa è stata pubblicata la Carta delle Aree Potenzialmente Idonee ad ospitare il Deposito Nazionale di Rifiuti radioattivi.

La settimana scorsa, dopo oltre sei anni di attesa, è stata finalmente resa pubblica la “Cnapi” – Carta delle Aree Potenzialmente Idonee. Si tratta di una mappa che indica con esattezza le aree che potranno ospitare il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi italiani. Nel documento, la cui redazione è arrivata con enorme ritardo, sono individuate 67 zone che riescono a soddisfare pienamente i 25 criteri stabiliti nel 2014 dall’Ispra – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. I Comuni sono suddivisi in cinque macrozone: Piemonte – che dispone di 8 aree: tra le province di Torino e Alessandria; Toscana-Lazio – con 24 aree che rientrano nelle province di Siena, Grosseto e Viterbo; Basilcata Puglia – che offre 17 aree tra Potenza, Matera, Bari e Taranto; Sardegna – dove sono state ritenute idonee 14 aree tra le province di Oristano e Sud Sardegna; Sicilia – con quattro aree tra Trapani, Palermo e Caltanissetta.

Il via libera alla pubblicazione della mappa era arrivato nei giorni scorsi da parte del Ministero dell’Ambiente e di quello dello Sviluppo Economico, dopo che per anni la documentazione era rimasta chiusa nei cassetti della Sogin, la società che gestisce lo smantellamento delle vecchie centrali. Con la pubblicazione dovrebbe cominciare quel percorso che punta, nel giro di qualche anno, a localizzare un sito che dovrà inizialmente contenere 78 mila metri cubi di rifiuti a bassa e media intensità per poi ricevere – più avanti – anche 17 mila metri cubi di materiale ad alta attività – per un periodo massimo di 50 anni. Arrivati a questa scadenza temporale, i rifiuti dovranno essere sistemati all’interno di un deposito geologico di profondità sul quale scarseggia qualsiasi tipo di informazione. Il piano prevede una spesa complessiva di circa 900 milioni di euro, che verranno raccolti attraverso alcune componenti inserite nella bolletta elettrica di tutti i consumatori.

Quando sarà stato riempito di rifiuti radioattivi, il Deposito verrà munito di tre barriere protettive – il cui obiettivo sarà garantire l’isolamento dei rifiuti per più di 300 anni, fino ad un livello di decadimento tale da non renderli più nocivi per la salute dell’uomo e per l’ambiente – e ricoperto da una collinetta artificiale e da un manto erboso. Il problema, poi, sarà trovare posto a circa 400 metri cubi di materiale particolarmente pericoloso, costituito da combustibile non riprocessabile o da combustibili mandati in Francia e Gran Bretagna per essere riprocessati, e che decadono in migliaia di anni.

Ora che la Mappa è stata pubblicata, può avere inizio la “consultazione pubblica” che coinvolgerà Regioni, Enti Locali e soggetti interessati alla realizzazione del Deposito, che potranno formulare osservazioni, chiedere chiarimenti e presentare proposte tecniche alla Sogin. Perché si proceda all’identificazione definitiva dell’area, tuttavia, sarà necessario raccogliere il consenso delle comunità interessate e delle istituzioni locali: elemento che si preannuncia tutt’altro che scontato. Una volta individuato il sito per la realizzazione del Deposito, i lavori di costruzione dovrebbero durare circa 4 anni.

Da Nord a Sud, nessuno vuole il Deposito

La gestione del dossier sul Deposito rappresenta l’ennesima potenziale complicazione per il Governo, già alle prese con la gestione della pandemia e della crisi economica e fortemente indebolito dalle tensioni interne delle ultime settimane. La realizzazione del Deposito, infatti, rappresenta un elemento dal fortissimo potenziale “nimby” – acronimo inglese che rappresenta forme di protesta attuate da gruppi o comunità contro opere e attività di interesse pubblico che potrebbero avere effetti negativi sulla loro area di residenza – ed è facile immaginare come, una volta selezionata l’area in cui si deciderà di avviare i lavori, le proteste e le contestazioni saranno all’ordine del giorno.

Le prime forme di forte ostilità al progetto si sono infatti già manifestate: in Puglia, il Presidente Michele Emiliano ha affermato, in aperta polemica con l’approccio governativo, che “non si possono imporre, ancora una volta, scelte che rimandano al passato più buio, quello dell’assenza della partecipazione, dell’umiliazione delle comunità, dell’oblio della storia e delle opportunità“. Clima analogo in Basilicata, da dove Domenico Bennardi, sindaco di Matera, ha già fatto sapere che la costruzione in Lucania del Deposito rappresenterebbe “uno sfregio” per il territorio: “Matera sito Unesco e deposito di scorie nucleari? Tutto questo terrebbe lontano chiunque“, ha attaccato il primo cittadino, con il quale si è mostrato in linea il Ministro della Salute – lucano – Roberto Speranza, secondo il quale la Regione non sarebbe adatta alla realizzazione del Deposito perché inserita in “in zona sismica 2“.

Anche il Governatore sardo Christian Solinas ha già alzato le barricate contro l’opera, annunciando di essere pronto a “mettere in campo ogni forma democratica di mobilitazione istituzionale e popolare per contrastare questa decisione e preservare la nostra terra da questo ennesimo oltraggio“. Proteste altrettanto vibranti, però, stanno attraversando tutto il Paese: dalla Tuscia alla Sicilia, fino al Piemonte.

Il caso di Trino

Sul fronte di chi, invece, si dice pronto ad ospitare il Deposito si registra una sola presenza: quella di Daniele Pane, sindaco leghista del comune di Trino, in Provincia di Vercelli. Lì si trova la centrale nucleare dismessa Enrico Fermi – uno dei luoghi in cui, attualmente, vengono conservati i rifiuti radioattivi. Il dato singolare, però, è che il Comune in questione non è stato inserito nella mappa di potenziali aree idonee recentemente resa nota, a causa della vicinanza con il fiume Po Quasi l’80 per cento dei rifiuti radioattivi italiani sono stoccati tra Trino e Saluggia. Piuttosto che rimanere in questo stato di provvisorietà, preferirei ospitare il deposito definitivo con tutti gli standard di sicurezza“, ha detto il sindaco Pane.

 

Gestione cookie