Conte non intende dimettersi e vuole andare allo scontro in Parlamento

Mentre la crisi di Governo entra nel vivo, il Premier riflette sulle mosse da attuare per rimanere in sella. Con un piano B già pronto in caso di elezioni.
Dubbi di Conte sulla crisi. Ma ha già pronto un partito in caso di elezioni
Giuseppe Conte/Facebook Giuseppe Conte
E ora? Cosa farà, il Premier Giuseppe Conte, adesso che la crisi di Governo è a un passo dall’essere formalizzata? Dopo settimane di incertezza di scontri e accuse incrociate, Matteo Renzi è pronto a staccare la spinga all’Esecutivo. Sembrava certo che la decisione arrivasse già ieri sera, nel corso del Consiglio dei Ministri che ha portato all’approvazione – con Italia Viva che ha deciso di astenersi – del Recovery Plan. Ma l’ex sindaco di Firenze ha deciso di aspettare qualche ora. E così, nonostante continuasse a ripetere che la scelta sulle dimissioni dei Ministri Bellanova e Bonetti sarebbe stata presa soltanto oggi, la conferenza stampa era già stata fissata: l’inizio della fine.
D’altra parte, il Consiglio dei Ministri di ieri è stato la degna conclusione di quasi due mesi di alta tensione all’interno della Maggioranza. Perché se le modifiche al Recovery Plan hanno trovato, in parte, l’apprezzamento dei renziani, Italia Viva ha comunque continuato ad alzare il tiro, ancorando la prosecuzione dell’esperienza di Governo alla decisione di attivare quel Mes che, come noto, rappresenta uno scoglio insormontabile per il Movimento 5 Stelle.
Ne è nata una lite furibonda proseguita fino quasi all’una di notte, che fa sì che, a questo punto, le speranze PD di trovare una mediazione capace di far andare avanti questa Maggioranza siano ridotte al lumicino. Anche perché le frasi fatte trapelare da Palazzo Chigi e poi rilanciate in blocco dal Movimento 5 Stelle – che annunciavano la fine di qualsiasi accordo con Italia Viva, in caso di strappo – sono state viste come un azzardo dal PD: “È un suicidio, se bruci la strada del Conte ter e non hai i Responsabili, finisce che vai a casa“, osservavano ieri diversi esponenti Dem. Sul tavolo, in questo momento, rimane un’ultima, complicatissima alternativa: una crisi-lampo pilotata. Le speranze, minime, dei mediatori si sono riaccese dopo la decisione di Renzi di rimandare ad oggi l’annuncio sulle dimissioni: una scelta che, confidano i più ottimisti, potrebbe lasciare uno spiraglio verso il Conte ter.
La realtà, però, è che il Premier – che questa strada deve decidere di percorrerla – non è affatto deciso sulle mosse da fare: le dimissioni, con la prospettiva di un nuovo Governo, non lo lasciano tranquillo. Il timore che Renzi gli tenda una trappola è forte, la tentazione di resistere e tentare lo scontro muscolare anche. Andare in Parlamento ed affrontare una conta in Senato, quindi, rimane un’opzione tutt’altro che secondaria, tanto che da Palazzo Chigi raccontano di un Conte “molto più determinato di quanto pensi Renzi, perché mai dovrebbe suicidarsi firmando la lettera di dimissioni?“.
Questo anche perché, numeri alla mano, tutto il Centrodestra non riuscirebbe, con l’aggiunta di Italia Viva, a raggiungere la Maggioranza assoluta a Palazzo Madama. E così c’è addirittura chi evoca il precedente di Andreotti, che nel 1990 si limitò a sostituire i Ministri dimissionari, tirando dritto con un Governo arroccato e in bilico. Ma tra i fedelissimi di Conte c’è anche chi fa notare che una scelta di questo tipo sarebbe rischiosa: anche ammesso che possa durare nell’immediato, il lavoro quotidiano dell’Esecutivo sarebbe complicato, i rischi di incidente sarebbero continui. E allora ecco che a prendere corpo potrebbe essere l’opzione che lo stesso Conte aveva annunciato già nella conferenza stampa di fine anno: quel confronto parlamentare cui il Premier vorrebbe arrivare forte di un sostegno da parte di un gruppo di “responsabili“.
L’idea potrebbe essere quella di portare la crisi in Parlamento, senza però arrivare immediatamente ad un voto. Agire come fu fatto nell’estate 2019 con Matteo Salvini, con Conte pronto a riversare sul nuovo rivale le accuse di irresponsabilità per aver condotto il Paese in una crisi politica mentre la terza ondata di contagi è alle porte. A quel punto, aspettare che in Aula si formino, complici le acque agitate in Maggioranza, nuovi gruppi parlamentari di “salvatori della Patria” e, solo allora, andare alla conta. Uno scenario confermato, in parte, dalle parole di Clemente Mastella – ora sindaco di Benevento, in passato Ministro sia per il Centrosinistra che per il Centrodestra – che ad Adnkronos ha già fatto sapere che “subito dopo la crisi intendo far partire un’iniziativa per recuperare vecchi amici e nuovi contributi, quelli che sono interessati“. Tra questi, certamente, ci sarà anche sua moglie, Sandra Lonardo, eletta in Senato nel 2018 nelle file di Forza Italia e già da qualche mese intervenuta a sostegno del Governo Conte.
E una sorpresa potrebbe farla anche Silvio Berlusconi, visto che risultano essersi intensificati, da qualche settimana a questa parte, i contatti tra Palazzo Chigi ed il grande architetto delle manovre di Forza Italia, Gianni Letta. Nonostante dal partito del Cavaliere piovano smentite – Mara Carfagna definisce “fantascienza” un appoggio a Conte – e al di là delle rassicurazioni sui continui contatti tra l’ex Premier e Matteo Salvini, qualcosa potrebbe accadere davvero. Particolarmente attivo, per esempio, Raffaele Fantetti – ex FI poi passato al gruppo Misto. Il parlamentare, avvocato come Conte e fondatore dell’associazione “Italia23“, descritta come una futura lista di sostegno al Premier, avrebbe preso contatti con molti ex colleghi di partito per mantenere in sella il Presidente del Consiglio. Che intanto, pronto ad ogni evenienza, avrebbe già in serbo il Piano B: un partito – il cui simbolo sarebbe già stato registrato – per correre alle prossime, forse imminenti, elezioni. Il nome? “Insieme“.
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