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Politica

Dopo averle provate tutte, Conte si è arreso: pronte le dimissioni, sperando in Renzi

Ha provato a resistere e a mostrare i muscoli. Si è arroccato per difendersi dalle bordate di Matteo Renzi. Ma ora il Premier Giuseppe Conte sa che la strada per poter sperare in un terzo Governo a sua guida passa necessariamente dalle sue dimissioni.
Giuseppe Conte/Facebook Giuseppe Conte
La sensazione è che il Premier Giuseppe Conte non ci abbia creduto fino all’ultimo. Che fino alla fine, nonostante le evidenze, le dichiarazioni, i comportamenti di Matteo Renzi lasciassero immaginare la crisi al buio come unico esito delle polemiche delle ultime settimane, il Presidente del Consiglio sia rimasto convinto che in qualche modo tutto sarebbe rientrato, che la situazione si sarebbe ricomposta. Ed ora che invece il Governo corre verso un baratro e che il salto nel buio è più vicino che mai, non crede ai suoi occhi. E si chiede se la sua difesa estrema, il suo arrocco per resistere alle pressioni dell’ex sindaco di Firenze, siano stati la cosa migliore da fare. Per il Paese, s’intende.
La priorità, gli ripetono da giorni quelli del PD – riportando più o meno fedelmente il punto di vista del Quirinale – è evitare strappi traumatici. E quindi, dando la crisi per inevitabile, cercare di mettere tempo tra il ritiro dei Ministri di Italia Viva – che dovrebbe arrivare questa sera in Consiglio dei Ministri, dopo l’approvazione del Recovery Plan – e un possibile nuovo incarico. Anche soltanto due giorni, nei quali chiedere al Presidente della Repubblica la concessione di un passaggio Parlamentare che non si concluda, però, con una conta dei voti. Un dibattito in Aula, subito dopo il quale Conte si presenterebbe al Colle con le dimissioni in mano. Una strategia volta a smuovere chi in Senato, sentendo parlare di “responsabilità” e di “emergenza in corso“, potrebbe convincersi ad aprire la strada per un Conte ter. Il percorso è complesso e gli ostacoli – ostilità di Renzi in primis – ingombranti. Ma per l’avvocato, questa sembra essere l’unica opzione per sperare di rimanere a Palazzo Chigi.
Che la situazione stesse precipitando irrimediabilmente, Conte lo ha capito domenica sera, quando gli ambasciatori PD gli hanno fatto sapere che Italia Viva non avrebbe accettato rimpasti o crisi pilotate. Renzi pretende una crisi vera, con le dimissioni del Premier e, solo a quel punto, l’apertura di trattative “su tutto“. Una di quelle crisi dalle quali non si sa mai come si possa uscire. E che a Conte sembra tanto l’inizio della fine della sua avventura da Presidente del Consiglio.
Intanto valuta tutte le opzioni possibili, compresa quella di prendere l’interim dei due Ministeri lasciati scoperti da Italia Viva e imporre al partito renziano di sfiduciarlo: un modo per far capire a tutto il Paese che la responsabilità della crisi è esclusivamente in capo all’ex sindaco di Firenze. Altra possibilità: sostituire Bellanova e Bonetti e presentarsi in Parlamento per cercare, fuori dalla Maggioranza, abbastanza voti per coprire il buco aperto da Italia Viva. Troppo rischioso.
E così, le ipotesi realmente praticabili, per Conte, si riducono a due: dimettersi senza passare dal Parlamento, oppure presentarsi in Aula e valutare – fino all’ultimo istante utile – se chiedere una conta o meno. Un voto che dal PD viene fortemente sconsigliato, perché rappresenterebbe probabilmente la pietra tombale sulla Maggioranza giallo-rossa: senza Italia Viva non può esistere alcun Conte-ter, fanno sapere dal Nazareno, e mostrare i muscoli non è utile in questa fase. Non a caso il portavoce del Premier Rocco Casalino è stato costretto a smentire in fretta e furia le parole che ieri avevano scatenato una piccola bufera e che auspicavano un voto in Aula.
Il punto, però, è che nonostante i pochi seggi a sua disposizione – e nonostante i sondaggi spieghino bene come eventuali elezioni lo condannerebbero sostanzialmente all’eterna irrilevanza – Matteo Renzi rimane il fulcro di questa partita. L’elemento attorno al quale tutto ruota, e quello che può decidere in quale direzione far ruotare il gioco: è di lui che Conte deve fidarsi se vuole sperare in una terzo giro di giostra a Palazzo Chigi, ma è sempre lui che ne minaccia la cacciata.
In tutto questo, rimbomba il silenzio del Movimento 5 Stelle, a sua volta dilaniato da divisioni interne tra chi, per non rinunciare al posto in Parlamento, sarebbe pronto a sostenere un nuovo Premier e chi invece, vedendo in Conte l’unico leader possibile per il Movimento, minaccia il ritorno immediato alle urne ed esclude che possa esistere, in questa legislatura, un Esecutivo guidato da altri che l’avvocato.
La stanchezza per una crisi a fuoco lento, che va avanti da settimane pur senza essere neanche formalmente iniziata, logora Conte. In cui la tentazione di far saltare il banco e vuotare il sacco è forte: attaccare frontalmente Renzi, gridare al Paese che il leader di Italia Viva, in piena pandemia, sta in realtà guardando solo al proprio interesse. Proprio nel momento più difficile, proprio quando – spiegava ieri Conte al Tg3 – “Sta arrivando un’impennata” nel numero di contagi. Una crescita che dopo dopo Gran Bretagna, Irlanda e Germania sta per coinvolgere anche il nostro Paese. “Non sarà facile, dobbiamo fare ancora dei sacrifici“. Ma sono pensieri che passano e volano via. La verità è che le dimissioni sono l’unica strada possibile – con o senza passaggio Parlamentare – e che il pallino, resta tra le mani di Matteo Renzi.
Pubblicato da
Lorenzo Palmisciano

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