Un anno dopo il suo arrivo alla guida del Ministero dell’Istruzione, Lucia Azzolina si trova nel pieno della bufera sulla riapertura delle scuole superiori: “Perché si colpisce solo la scuola?”, si domanda.
A un anno esatto dal suo insediamento al Ministero dell’Istruzione, Lucia Azzolina si trova – ancora una volta – al centro di una battaglia sulla riapertura delle scuole. Oggi, studenti e genitori saranno in sciopero, e se la volontà di Azzolina – fermamente schierata sulla necessità di far tornare in classe gli studenti delle scuole superiori – è ferma e nota a tutti, nel Governo sono in molti a schierarsi sul fronte opposto. Alle contrarietà interne alla Maggioranza si aggiungono poi ci sono i Presidenti di Regioni, che a colpi di ordinanze stanno svuotando il provvedimento ministeriale che avrebbe dovuto portare, questa mattina, alla riapertura delle scuole in tutto il Paese: alla fine, la campanella degli istituti superiori, oggi, è suonata soltanto in tre Regioni.
“Rispetto alle superiori il governo ha fatto tutto quello che poteva e gli impegni li ha mantenuti grazie anche al lavoro importante dei prefetti e della comunità scolastica“, dice Azzolina a Il Corriere della Sera. “Vorrei ricordare che il 23 dicembre è stata firmata all’unanimità l’intesa con le Regioni che prevedeva il rientro il 7 gennaio“, spiega, sottolineando come si sarebbe attesa il rispetto, da parte di tutti, degli impegni assunti. Invece la gran parte delle Regioni ha deciso di fare marcia indietro. “Sarebbe bene che le famiglie e gli studenti capissero perché. Si chiude prima la scuola perché socialmente è stata messa nel fondo dello sgabuzzino“, attacca Azzolina, che accusa i Governatori di aver deciso di prorogare la chiusura degli istituti superiori ancor prima di entrare in possesso dei dati del monitoraggio sulle fasce di rischio.
Una scelta per certi versi comprensibile, vista la tendenza al peggioramento dei dati. Anche su questo, però, il Ministro dissente: “Capisco le preoccupazioni sui rischi legati al periodi di Natale ma le Regioni hanno potere di operare anche altre restrizioni, perché si colpisce solo la scuola?“, si domanda. Certo, con il ritorno alla divisione in fasce, per molti territori è anche concreto il rischio di riaprire le scuole solo per pochi giorni. La Lombardia, ad esempio, potrebbe presto essere inserita in zona rossa. Azzolina, però, insiste sul confronto tra la scuola e le altre attività: “Ma perché nelle zone gialle e arancioni è quasi tutto aperto, tranne la scuola? Non è l’untrice del Paese, lo dicono studi del Bambin Gesù, dell’istituto superiore di sanità e tanti altri“, assicura il Ministro.
Intanto, gli studenti accusano Governo e Regioni di aver messo in atto un continuo scaricabarile sulle reali responsabilità del caos che regna attorno alle riaperture: “Non c’è nessuno scaricabarile“, dice Azzolina. “Il governo ha fatto la sua parte. Alcuni presidenti non si rendono conto che chiudendo le scuole producono un danno economico al Paese, che pagherà la mancanza di competenza dei suoi giovani. Ma è anche un danno umano e relazionale“.
Ma anche tra chi la scuola è chiamato a viverla quotidianamente, regna l’incertezza: studenti, docenti e dirigenti sono infatti divisi sull’opportunità di tornare sui banchi. Azzolina, invece, non ha dubbi, e pur sottolineando il grande ruolo svolto dalla Dad, insiste sul fatto che questa “non potrà mai sostituire la didattica in presenza. Ricevo lettere di studenti molto arrabbiati, apatici, delusi o che si sentono trattati da untori” e, spiega ancora il Ministro, sono sempre più numerosi i casi di famiglie che prendono contatto con le Asl per problemi di carattere psicologico riscontrati nei ragazzi. “C’è un’indagine dell’ordine degli psicologi molto preoccupante sulla chiusura prolungata“, dice ancora la responsabile dell’Istruzione.
Certo, con i numeri dei contagi in crescita e con lo spettro della variante inglese che potrebbe, nelle prossime settimane, peggiorare ulteriormente le cose, far rientrare gli studenti in classe potrebbe essere un rischio non da poco. Azzolina, però, non ci sta: “Devono spiegarmi perché, dove è quasi tutto aperto, gli studenti al pomeriggio possono andare a prendere l’aperitivo, mentre non possono andare in classe con la mascherina, l’igienizzante e i banchi separati“, dice prima di ribadire che “Il punto è culturale, non sanitario“.
E in effetti, le parole del Ministro sembrerebbero trovare l’accordo di buona parte dei componenti dell’Esecutivo, se è vero che nel nuovo Dpcm – la cui entrata in vigore è prevista per sabato 16 gennaio – dovrebbero rientrare nuove, pesanti limitazioni per i bar ed i locali, cui probabilmente non sarà più consentito, neanche nelle Regioni gialle, di lavorare con la vendita da asporto dopo le ore 18. Un’ulteriore restrizione per una categoria già fortemente penalizzata dai recenti Decreti, che il Governo sta valutando di inserire dopo le immagini che hanno mostrato, in molte città italiane, assembramenti ed aperitivi di gruppo davanti ai bar chiusi durante le feste.
Tra i Governatori, però, monta l’insoddisfazione verso la gestione che il Ministero ha avuto dell’attività scolastica: da Bonaccini a Zingaretti, passando per Zaia, sempre più presidenti di Regione attaccano apertamente Azzolina, che dal canto suo ribatte: “Non si può usare la scuola come terreno di scontro politico. Devono capire che la scuola è un’ancora di salvezza per famiglie disagiate, se condannano migliaia di studenti all’abbandono se ne assumeranno la responsabilità“.
Un primo passo avanti, come chiesto ripetutamente sia da Italia Viva che dalla gran parte dei sindacati, sarebbe rappresentato dal vaccinare i docenti, tema sul quale il Ministro rivendica i risultati ottenuti: “Sui vaccini il governo e il commissario Arcuri stanno facendo un ottimo lavoro. il piano lo ha deciso la Salute e si prevede che in una prima fase si vaccinino i sanitari e i nostri nonni. Dopo ho chiesto e ottenuto che tocchi al personale scolastico“.
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