In una Rsa nella provincia di Forlì-Cesena appena 18 dipendenti su 36 hanno deciso di sottoporsi al vaccino anti-Covid. E il sindaco Marco Baccini ora minaccia: “Se non cambiano idea rischiano il licenziamento“.
Uno dei fattori che avranno un peso importante nel buon esito della campagna vaccinale – il cui obiettivo rimane quell’immunità di gregge raggiungibile con una quota di vaccinati compresa tra i 40 ed i 45 milioni di persone – è rappresentato dalla volontà dei cittadini di sottoporsi alla somministrazione del trattamento. Un dato non scontato, visto che nel nostro Paese – e per la verità un po’ in tutto l’Occidente – le istanze no-vax sono in grande crescita e coinvolgono un sempre più alto numero di persone. Anche tra il personale sanitario, in questi giorni in prima linea sul fronte delle vaccinazioni.
Eclatante il caso della Residenza per Anziani Camilla Spighi, di Bagno di Romagna – nella provincia di Forlì-Cesena: nei giorni scorsi la squadra di addetti alla somministrazione si è presentata, come concordato con l’Ausl Romagna, presso la struttura per effettuare la somministrazione a ospiti e personale, ma dei 37 dipendenti che lavorano per la Rsa romagnola, appena 18 hanno deciso di aderire alla vaccinazione. Uno in meno della metà del totale.
Una decisione che ha fatto arrabbiare moltissimo Marco Baccini, sindaco del centro termale romagnolo, che ha attaccato il personale sanitario no-vax: “Ho lodato tutti gli operatori della nostra residenza anziani, compresi quelli che hanno deciso di non vaccinarsi, per la gestione dell’emergenza Covid in tutto il 2020“, ha detto il sindaco. “Ma proprio per questo, le 19 defezioni rischiano di mandare tutto all’aria. Questo non è tollerabile e il Comune correrà ai ripari in maniera severa. Non escludo il loro licenziamento e avranno modo di cambiare idea da qui a lunedì“, ha poi minacciato il primo cittadino.
Baccini ha infatti inviato una lettera ai 19 “disertori“, invitandoli a fare marcia indietro e sottoporsi alla somministrazione del trattamento. Sottolineando come nella residenza siano presenti 32 anziani, particolarmente esposti a rischi in caso di contagio, il sindaco ha fatto presente ai dipendenti che “se l’11 non avranno cambiato idea il Comune semplicemente non li riterrà più adatti a svolgere le loro mansioni. E se non si procederà con il licenziamento tenteremo la strada della sospensione“. Una questione particolarmente spinosa, dal punto di vista legale, sulla quale esperti ed osservatori si sono già divisi. Se, ad esempio, il magistrato torinese Raffaele Guariniello ed il giurista Pietro Ichino si sono detti certi della legittimità di un licenziamento a carico del dipendente che dovesse rifiutare il vaccino, non mancano i pareri di segno opposto, suffragati dal caso di un’infermiera siciliana – prima sospesa e poi reintegrata su decisione del tribunale del lavoro – che aveva rifiutato di ricevere il vaccino antinfluenzale.
Al di là degli aspetti legali, un così alto numero di operatori sanitari contrario alla vaccinazione preoccupa non poco il sindaco di Bagno di Romagna, che denuncia come le motivazioni alla base del rifiuto degli infermieri siano esplicitamente legate a teorie no-vax. A questo proposito, da segnalare l’iniziativa di Facebook, che ha rimosso nei giorni scorsi le pagine di due associazioni “per la libertà vaccinale“. Una delle due – Comilva – ha sede a Rimini, non lontano dalla “casa di riposo no-vax“. E proprio nell’area della località rivierasca i dati relativi al tasso di adesione al vaccino del personale delle Rsa sembrano essere particolarmente negativi. A segnalarlo è Maurizio Grossi, Presidente dell’Ordine dei Medici di Rimini, secondo il quale in alcune strutture la percentuale di dipendenti che rifiutano la somministrazione si aggirerebbe attorno al 70%. In questo modo, spiega Grossi, “non sarebbe garantita l’immunità di gregge necessaria per tutelare gli ospiti. Bando ai facili trionfalismi e largo a una massiccia azione di persuasione“, afferma ancora Grossi.
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