Nulla di fatto al vertice di ieri sera tra Governo e Maggioranza: sul Recovery Plan rimane lo stallo. Un modo per congelare una crisi che, nell’aria da giorni, pare non arrivare mai.
Chi si aspettava che il vertice Governo-Maggioranza di ieri sera potesse essere risolutivo per scongiurare una crisi, resterà deluso. Anzi, lo scontro tra Matteo Renzi ed il Premier Conte si fa, se possibile, ancora più aspro, dopo che la riunione serale a Palazzo Chigi non ha portato risultati apprezzabili. Anche perché le continue minacce di far cadere il Governo, ripetute in continuazione dal leader di Italia Viva nelle ultime settimane, si sono alla fine trasformate in un ostacolo al prosieguo dei lavori: ogni passo potrebbe essere quello decisivo, ogni iniziativa, ogni frase, potrebbero far crollare la diga. E allora, nonostante tutti affermino che vi sia la necessità di “accelerare” sul Recovery Fund – lo dice Conte, lo sostiene il segretario PD Nicola Zingaretti, lo urla Matteo Renzi – nei fatti tutti continuano a prendere tempo. A rimandare il varo del progetto, per rimandare la crisi. Badando bene, chiaramente, ad accusarsi a vicenda per motivare il ritardo.
L’effetto finale è quello di una crisi congelata. Ma più passano i giorni, meno probabilità sembrano esserci di arrivare ad una ricomposizione. Ancora ieri sera Renzi, ospite della trasmissione di Rete4 Stasera Italia, attaccava il Governo – del quale, comunque, fa parte – su più fronti: “Ancora oggi non ci hanno dato il piano di Recovery Fund, ci hanno dato una sintesi. Gli italiani non ne possono più. Al governo dico: prendete una decisione, quella che sia, ma prendetela…”, diceva il leader di Italia Viva mentre a Palazzo Chigi era in corso il vertice. Per poi rincarare la dose: “Non solo il presidente del Consiglio non ci ha detto chi ha scritto la prima bozza, ma la maggioranza dei ministri non lo aveva nemmeno letto“. Una serie di accuse che portano poi Renzi a ribadire, per l’ennesima volta, che Italia Viva è disposta a lasciare il Governo – “Se devo stare in maggioranza per non fare niente, preferisco stare all’opposizione” – e a rinunciare agli incarichi – “si tengano le poltrone”.
Ma la vera regola d’oro, in questo momento, è prendere tempo: e così Renzi, che lamenta la mancanza di un testo definitivo, ordina ai suoi di temporeggiare, di non sbilanciarsi troppo nelle valutazioni sulla bozza. Non a caso da Italia Viva filtra soltanto una lamentela per “la riduzione delle risorse sul green“. Anche perché le bordate più dure il partito di Renzi le aveva già mandate nel pomeriggio, con il Ministro delle Politiche Agricole Teresa Bellanova che aveva definito “al capolinea” il percorso del Governo.
Che il clima del summit sarebbe stato teso lo si è capito quando, a ridosso dell’incontro, alcuni esponenti PD avevano contattato lo stesso Renzi, cercando di aprire una mediazione e sentendosi rispondere che il Recovery Plan non avrebbe avuto il via libera da parte di Italia Viva. Al contrario, la delegazione renziana ha alzato ulteriormente l’asticella, con Davide Faraone che, durante il summit, pretende l’approvazione del Mes e la realizzazione del Ponte sullo Stretto, a proposito di risorse “green“.
Conte reagisce chiedendo alle altre forze di Maggioranza di compattarsi, per evidenziare l’isolamento politico cui Italia Viva rischia di andare incontro e per dare forza alla posizione secondo cui il documento attuale sul Recovery rappresenterebbe “un punto di equilibrio, migliorato significativamente grazie ai partiti“. Un messaggio che, rivolgendosi evidentemente a Renzi, lascia intendere che non vi saranno ulteriori cedimenti sulle richieste di Italia Viva. “Nei prossimi giorni vi inviterò al confronto per concordare una lista di priorità da qui al 2023“, dice ancora Conte. “Ma il Paese non può permettersi un ritardo sul Recovery. Sarebbe imperdonabile“, afferma cercando – a sua volta – di scaricare sull’ex sindaco di Firenze la responsabilità dei ritardi. Come in un rimpiattino, giocato in piena pandemia e sul tema più importante di tutti: la gestione dei fondi che dovrebbero aiutare l’Italia a rilanciarsi.
Il Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri vorrebbe inviare ad Italia Viva il testo entro lunedì, così da poter fissare per martedì o mercoledì un Consiglio dei Ministri. Renzi, però, punta a rimandare: se c’è da rompere, ragiona, meglio farlo prima di un’eventuale approvazione del Recovery. Un gioco di incastri insostenibile, nel quale ora il Premier attende che l’eventuale strappo arrivi dal rivale, convinto di poter costruire, a quel punto, una Maggioranza alternativa in Parlamento o, al limite, convincere le altre forze di Governo a compattarsi sul fronte del voto anticipato. Renzi, dal canto suo, pare aver capito che questa strategia di logoramento, alla lunga, potrebbe non pagare più: l’obiettivo era costringere il Premier alle dimissioni. Ma se non sono arrivate fino ad oggi, difficile che possano arrivare nei prossimi giorni. Sullo sfondo, intanto, rimane l’Italia.
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