Giornata importante per il futuro del Governo: l’incontro tra i capidelegazione sul Recovery Plan potrebbe far capire se Renzi punterà immediatamente allo strappo, dalle conseguenze imprevedibili, o se concederà qualche altro giorno per trattare.
La crisi che ufficialmente ancora non c’è, ma che nei fatti è già in corso, attraversa la sua fase più delicata. Perché le minacce di Matteo Renzi non si interrompono nemmeno ora che il Recovery Plan è stato stravolto, riscritto sotto la dettatura di Italia Viva. L’ex sindaco di Firenze continua ad usare la gestione dei fondi come argomento per strattonare il Premier Giuseppe Conte, che è più che mai tentato dalla conta dei voti in Aula, con due possibili esiti: l’intervento di parlamentari “responsabili” a sostegno del Presidente del Consiglio, oppure la fine dell’esperienza Governo, con un probabile ritorno al voto in piena pandemia che sarebbe, nel ragionamento di Conte, imputabile esclusivamente a Renzi.
Eppure la partita non è così semplice, gli scenari non sono solo quelli appena ipotizzati. Un po’ perché lo stesso leader di Italia Viva, prima di tirare così tanto la corda, è probabile che abbia pensato a qualche piano alternativo per scongiurare elezioni che, quasi certamente, lo spingerebbero fuori dal Parlamento. Un po’ perché in tutto questo le altre forze di Maggioranza lavorano per trovare soluzioni. Particolarmente attivo il Partito Democratico, convinto che la volontà di Conte di presentarsi alla conta dei voti in Parlamento non rappresenti la mossa migliore: in largo del Nazareno c’è la consapevolezza che una sfiducia al Premier pregiudicherebbe qualsiasi opzione di arrivare ad un terzo Governo guidato dall’Avvocato, vero obiettivo Dem in questa fase, e che d’altra parte la prosecuzione della legislatura grazie al sostegno di qualche fuoriuscito dal Centrodestra sarebbe particolarmente scomoda per un partito che sta cercando di ricostruire una propria identità. Neanche il Quirinale, per la verità, apprezza particolarmente l’ipotesi che lo scontro finisca in Aula.
L’ipotesi che potrebbe farsi strada è quella di uno “strappo controllato“, che apre prospettive di grande incertezza: chi lavora all’opera di mediazione si augura che tanto il Premier, quanto il senatore, decidano alla fine di porre le basi per una ripartenza: il Presidente del Consiglio dovrebbe cedere ad un rimpasto – mentre Renzi dovrebbe far cadere il veto sulla conferma di Conte a Palazzo Chigi. Con queste premesse l’Avvocato dovrebbe decidere di rinunciare alla conta in Parlamento e salire al Colle per rassegnare le dimissioni fidandosi di Matteo Renzi e sperando di poter rimanere alla guida di un Governo post-rimpasto. Un bel rischio.
Scenari che rimangono per ora sulla carta. Perché la realtà parla di un livello di tensione altissimo tra i due contendenti: Conte avrebbe ripetutamente cercato, negli ultimi giorni, un contatto diretto con il suo sfidante. Invano. L’uomo di Rignano avrebbe invece, secondo quanto filtra, avuto più di una conversazione con un suo vecchio amico: Silvio Berlusconi. Un fatto che non fa altro che alimentare il sospetto che, parallelamente alle minacce a Conte, Renzi lavori ad un ipotesi completamente diversa, quella che vorrebbe un nome nuovo – di un “moderato” – a Palazzo Chigi con l’appoggio del Centrodestra, di Italia Viva e di qualche altro “responsabile“.
Il Ministro delle Politiche Agricole Teresa Bellanova ha invece rifiutato di confrontarsi con il responsabile dell’Economia Roberto Gualtieri sul Recovery: ha preteso che prima le fosse inviata per iscritto la bozza modificata. Addirittura gli scontri di Washington sono stati pretesto, per i renziani, per attaccare duramente Conte, ritenuto troppo morbido nei confornti di Donald Trump ed utilizzando questa circostanza per pretendere, per l’ennesima volta, la delega ai servizi. L’ossessione.
Insomma, la soluzione non si intravede. Tanto che entrambi i duellanti si starebbero già preparando allo scontro finale in Parlamento. E Renzi, prevedendo riferimenti di Conte al sua annunciato – e mai rispettato – addio alla politica dopo il Referendum Costituzionale del dicembre 2016, avrebbe già pronto il suo discorso: “Può darsi che avrei dovuto smettere di fare politica, ma certo lei doveva iniziare a farla dopo essere diventato premier. E invece lei e la politica siete due campi che non si incontreranno mai“: parole quasi certamente fatte trapelare ad arte, ma che senz’altro rispecchiano pienamente la retorica dell’ex sindaco di Firenze. “Tra scegliere di far fallire il suo progetto o l’Italia, scelgo la prima“.
Oggi si capirà qualcosa in più: nel summit tra i capidelegazione fissato per oggi pomeriggio Renzi potrebbe approvare la bozza di Recovery, dando fiato e tempo a Palazzo Chigi per trattare sulle altre vicende. In caso contrario, il ritiro dei Ministri di Italia Viva sarà, certamente, la mossa successiva. E finale.