L’ipotesi che il Premier si presenti in Aula per una conta dei voti si fa sempre più strada. Ma quante possibilità ha Conte di trovare l’appoggio di chi, finora, è rimasto estraneo alla Maggioranza?
Con lo scontro tra Matteo Renzi e Giuseppe Conte che non sembra trovare sbocchi costruttivi, l’ipotesi che – di fronte ad una sfiducia da parte di Italia Viva – il Premier decida di presentarsi in Parlamento per una conta dei voti si fa sempre meno improbabile. Ma quanti sarebbero i parlamentari attualmente esterni alla Maggioranza pronti a dare sostegno al Presidente del Consiglio? Secondo quanto fatto intendere nelle ultime ore da Palazzo Chigi, nel pallottoliere di Conte mancherebbero 6 senatori, una cifra non irraggiungibile.
Tra questi potrebbe rientrare ad esempio Gregorio De Falco – eletto con il Movimento 5 Stelle e passato al gruppo misto – che già in passato ha votato in favore dell’Esecutivo in più di un’occasione. Il comandante, però, non è del tutto convinto del salto in Maggioranza e teme che la situazione possa precipitare. La sua posizione, al momento, resta in bilico.
In tutto questo, è da chiarire se la delegazione di Italia Viva al Senato sia veramente pronta ad abbandonare in blocco la nave. Non è un caso che, con la crisi che si avvicina come un Iceberg, diversi esponenti del Partito Democratico abbiano riaperto i canali di comunicazione con gli ex colleghi di partito – poi fuoriusciti per seguire Matteo Renzi nella nuova avventura – per cercare di riaccoglierli nella casa madre. Tra i possibili renziani di ritorno figurano Eugenio Comincini, Gelsomina Vono e Mauro Maria Marino. A questi, si potrebbero aggiungere almeno un altro paio di senatori, secondo il capogruppo PD al Senato – ed ex fedelissimo di Renzi – Andrea Marcucci. Di parere opposto Davide Faraone, certo che nessun componente di Italia Viva farà marcia indietro.
Dall’insediamento del secondo Governo Conte, la maggioranza più ampia ottenuta al Senato era stata di 170 voti. Poi, dopo una continua alternanza tra cali e crescite, si era attestata ben più in basso: a quota 161. Prendendo questo come punto di riferimento e ipotizzando l’addio in blocco del gruppo di Italia Viva – 18 Senatori – la strada per rimanere in sella sarebbe tutta in salita, per il Premier. Qualora si volesse invece ipotizzare che Italia Viva si divida, con alcuni Senatori pronti a fare ritorno alla base, sarebbe comunque complicato spingersi oltre quota 152. E se Conte continua a ostentare sicurezza, convinto che – in base alle informazioni a sua disposizione – i numeri per scongiurare il pericolo ci sarebbero, altre questioni rimangono aperte: lo stesso Faraone, ad esempio, si dice certo che, anche in caso di numeri favorevoli in Aula, il lavoro nelle Commissioni diventerebbe impossibile per il Governo.
Tra gli altri Senatori su cui Conte pare contare con certezza compare Sandra Lonardo Mastella, moglie del primo cittadino di Benevento e membro del Gruppo Misto, che ha già fatto sapere di essere “responsabile verso il Paese“, sottolineando che, a suo giudizio, questo “non è il momento di aprire una crisi“. Anche Mario Giarrusso, altro fuoriuscito grillino, così come Paola Nugnes e Saverio De Bonis potrebbero valutare un soccorso all’Esecutivo.
Di diverso tipo la posizione di Paolo Romani, ex fedelissimo di Silvio Berlusconi poi transitato in Cambiamo!, seguendo il Governatore ligure Giovanni Toti. Secondo Romani “Fare da stampella a Conte sarebbe inaccettabile per noi e per lui“. L’ex Ministro non esclude, tuttavia, altre ipotesi: “Altra cosa sarebbe un Governo di unità nazionale per affrontare la gestione del Recovery, del piano vaccinale e l’uscita dalla pandemia“.
Una posizione simile a quella dei 4 Senatori eletti con il simbolo dell’Udc, convinti che la sostituzione di Conte con un nuovo Premier, evitando la fine anticipata della legislatura, possa essere la strada maestra: “Non saremmo mai gli Scillipoti di Conte“, ha dichiarato Paola Binetti. “Se si costruisse uno scenario diverso, da fine legislatura, che raggruppi il meglio, allora si potrebbe ragionare“.