Governo pronto al varo del quinto Decreto Ristori che, oltre a prevedere aiuti al mondo del commercio, del turismo e ai professionisti, stabilirà una nuova pace fiscale e la rottamazione quater delle cartelle esattoriali.
Il Governo, nell’ambito del quinto Decreto Ristori, è al lavoro su una serie di interventi che puntano a sostenere l’economia italiana, già fortemente penalizzata dalla pandemia. Il nuovo decreto, ribattezzato Salva Imprese, sarà varato nei prossimi giorni e dovrebbe contare su uno stanziamento di circa 20 miliardi di euro. Vediamo insieme quali sono i punti salienti del pacchetto di misure su cui il Governo sta lavorando.
Sostegno alle imprese, Reddito di Cittadinanza e Cig
Il quinto decreto della saga – paragonabile ad una manovra per importi e vastità degli interventi – prevede ristori in base alle perdite di fatturato per il mondo del commercio, del turismo e per i professionisti . Nel decreto, inoltre, verranno stanziati fondi per il rinnovo della Cassa Integrazione Covid e per il rafforzamento del Reddito di Cittadinanza. A queste misure, volte a tamponare le difficoltà di chi a causa delle chiusure ha perso mesi di lavoro, si aggiungono una “pace fiscale” – che punta ad accantonare definitivamente le vecchie pendenze nei confronti del Fisco – e una nuova rottamazione, basata su un saldo e stralcio selettivo. Possibile, come ipotizzato nei giorni scorsi dal Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, che il Governo valuti la possibilità di cancellare, tanto per i singoli contribuenti quanto per le imprese, i versamenti di alcune tasse come Irpef ed Ires – sospese a novembre e dicembre e poi rimandate a primavera.
La gestione delle comunicazioni della Agenzia Riscossione e della Agenzia delle Entrate
Un caso a parte riguarda le 50 milioni di lettere in arrivo dal Fisco, il cui invio è stato congelato a causa dell’emergenza Covid a partire dallo scorso 8 marzo e per tutto il 2020. Di queste missive, destinate ora a partire, 35 milioni provengono dalla Riscossione – quella che si chiamava Equitalia – e riguardano vecchi debiti non pagati e finiti a ruolo; le altre 15 milioni di lettere sono spedite dall’Agenzia delle Entrate e si riferiscono ad atti di accertamento, recupero e liquidazione di imposte.
L’invio delle lettere avverrà in maniera graduale e secondo una serie di scadenze probabile ad esempio che si decida di cominciare da quegli atti che sono a rischio prescrizione, per i quali è comunque previsto, grazie alle regole più morbide inserite nei primi quattro decreti ristori, un periodo di tempo più ampio per il saldo da parte dei contribuenti: questi avranno infatti 60 giorni – calcolati a partire dall’arrivo della cartella – per pagare la cifra dovuta. Entro la scadenza, però, è ovviamente prevista la possibilità di chiedere la rateazione dell’importo fino ad un massimo di 6 anni, corrispondenti a 72 rate, senza che vi sia l’obbligo di dimostrare la difficoltà economica. Nel caso in cui il contribuente dimostrasse la difficoltà economica, la rateazione potrebbe allungarsi ulteriormente fino ad un massimo di 10 anni.
Ma i decreti ristori hanno anche modificato le regole che prevedono l’estromissione dal programma di diluizione del debito: fino a qualche mese fa, il mancato pagamento di 5 rate comportava la rottura dell’accordo di rateazione; oggi il limite è stato raddoppiato, con la possibilità di rimanere all’interno delle rate concordate anche in mancanza di pagamenti fino a 10 mensilità: nei fatti, chi dovesse ricevere una cartella nelle prossime settimane potrebbe iniziare a pagare alla fine del 2021 o addirittura nel 2022.
Gli interventi sul “magazzino fiscale”
Previsti infine interventi sul “magazzino fiscale” che secondo il viceministro dell’Economia Laura Castelli, promotrice del pacchetto di misure, “costa troppo all’amministrazione e non porta nulla“. Una posizione condivisa anche dalla dirigenza dell’Agenzia delle Entrate e dal direttore Ernesto Maria Ruffini che a settembre ha illustrato in audizione parlamentare la situazione, depositando un documento particolarmente dettagliato, dal quale emerge che i ruoli risalenti al periodo compreso tra il 2000 ed il 2015 valgono 641 miliardi e sono considerati oramai irrecuperabili, visto che riferiti a società fallite, contribuenti incapienti o addirittura deceduti: con il nuovo decreto, il Fisco “rinuncerà” alla riscossione di questi debiti. In totale, nel periodo tra il 2000 ed il 2020 sono stati accumulati in magazzino 986,7 miliardi di euro: di questi, risulta esigibile secondo Ruffini appena il 7%, pari a 74 miliardi.