Tra le minacce di Matteo Renzi e la ricerca di sponde in Parlamento da parte del Premier Giuseppe Conte, la sfida tra i due leader si avvia alla resa dei conti.
Nella tradizionale conferenza stampa di fine anno, il Premier Giuseppe Conte lo ha detto chiaro e tondo: “Se dovesse mancare la fiducia di uno dei partiti della coalizione di Governo, vi sarebbe un passaggio parlamentare“. Tradotto: niente dimissioni, il presidente del Consiglio è pronto a rispondere alla sfida del leader di Italia Viva Matteo Renzi e a presentarsi alle Camere, con l’obiettivo di ottenere da qualche “responsabile” quei voti che l’ex sindaco di Firenze si dice pronto a far venire meno all’Esecutivo.
La partita è apertissima e, nonostante la tensione tra i due sia ai massimi storici, l’esito rimane incerto. E se è vero che sono sempre più numerosi gli osservatori che ritengono che una crisi sia ormai inevitabile, è altrettanto certo che nessuno dei due contendenti avrebbe molto da guadagnare da una crisi che dovesse risolversi con il ritorno alle urne. Per questo, quindi, è indispensabile la massima prudenza – almeno in fase di analisi.
Conte ritiene di aver fatto i giusti passi in direzione del minaccioso alleato: si è rimangiato la task force sulla governance del Recovery Fund ed ha annunciato la propria disponibilità ad accogliere alcune delle richieste avanzate da Renzi. Che però ha alzato il tiro: “Meglio stare all’opposizione che accettare un Conte ter“, fa sapere ancora l’uomo di Rignano. Bluffando? Chissà.
Dal canto suo, il Presidente del Consiglio attende di capire se vi saranno margini per trattare fino ad un compromesso. In caso contrario, il suo piano è pronto: presentare il 7 gennaio in Consiglio dei Ministri il proprio progetto sul Recovery e sfidare Italia Viva a votare contro il programma. Poi, dritto in Aula per cercare di spaccare il partito di Renzi e racimolare i voti necessari ad andare avanti senza l’ex sindaco. Ancora i “responsabili“, dunque, al centro della scena parlamentare italiana: un grande classico.
In tutto questo il Partito Democratico non nasconde il proprio scetticismo sull’idea di portare avanti l’Esecutivo con l’appoggio di una “quarta gamba“: scenario ritenuto dal segretario Nicola Zingaretti poco praticabile e, soprattutto, limitato da numeri tutt’altro che affidabili. Eppure, tra le file dem non tutti la vedono come il leader. Anzi, lo stesso Goffredo Bettini – in più occasione regista delle scelte fatte dal Presidente della Regione Lazio – avrebbe nei giorni scorsi avuto un contatto con Gianni Letta, grande manovratore di Forza Italia. E, parlando di Recovery Fund e della necessità di non perdere un’occasione fondamentale per il rilancio del Paese, il braccio destro di Silvio Berlusconi non ha escluso l’ipotesi che il partito del Cavaliere possa valutare l’idea, addirittura, di un appoggio esterno all’Esecutivo. I due si sono hanno concordato sulla necessità di aggiornarsi in questi giorni, ma il fatto che – come minimo – una colonna di berlusconiani sia eventualmente pronta ad intervenire a sostegno dell’Esecutivo non pare essere in discussione.
Il bacino di potenziali nuove reclute in Maggioranza in effetti è ampio e il lavoro sotterraneo – condotto per conto del Premier dal capo di gabinetto Alessandro Goracci – prosegue incessantemente. Ma l’obiettivo vero, inutile negarlo, sono proprio i renziani: riuscire a trattenere qualche deputato e qualche senatore di Italia Viva nel momento in cui il loro leader tenta lo strappo, rappresenterebbe per Conte una duplice vittoria, consentendogli di rimanere in sella e di indebolire, in un colpo solo, un rivale già dato per fragile da tutti i sondaggi. E poi tutti gli altri: i senatori vicini a Giovanni Toti – quattro in tutto, così come gli ex Udc; i due del Maie, insieme a qualche ex pentastellato. Insomma, i papabili non mancano. Ma, nella Maggioranza, ci si domanda se fidarsi di chi arriva, di colpo, dall’Opposizione non rischi di trasformarsi, più in là, in un clamoroso autogol.
Perplessi i parlamentari Pd, disposti a ragionare solo su un’eventualità: quella che prevede la permanenza in Maggioranza della gran parte del gruppo di Italia Vva al Senato. Le altre opzioni sono ritenute, dalle parti del Nazareno, troppo rischiose. E così, con il capodelegazione Dario Franceschini in testa, si cercano strade alternative. Magari facendo sedere i leader della Maggioranza attorno ad un tavolo per mettere insieme una bozza sul Recovery e prendere tempo per lavorare ad un rimpasto che possa mantenere unita l’attuale Maggioranza. Oppure, ottenere lo stesso risultato – un Conte ter – attraverso la minaccia del voto anticipato, vero spauracchio di Matteo Renzi, che potrebbe considerare di rimanere in Maggioranza qualora si convincesse che il ritorno alle urne possa diventare una possibilità concreta.