Il 7 gennaio è previsto il ritorno in classe per moltissimi studenti delle scuole superiori, a più di due mesi dalla chiusura di fine ottobre. Ma non mancano criticità e contestazioni.
La scuole si preparano alla riapertura del 7 gennaio. Nonostante la curva epidemiologica presenti quotidianamente dati in lieve risalita, e nonostante non tutti siano d’accordo sull’opportunità di far tornare in classe gli studenti delle scuole superiori, la decisione appare presa. E anche se lo stesso Walter Ricciardi, consulente del Ministro della Salute Roberto Speranza sconsiglia di riaprire gli istituti – convinto che il rischio che si tratti di una ripresa di poche settimane, prima di una nuova chiusura – gli uffici scolastici ed i Prefetti sono a lavoro già da giorni per mettere a punto i dettagli. In questi ultimi due mesi soltanto gli studenti fino alla prima media hanno proseguito regolarmente le lezioni in presenza: le scuole superiori, infatti, sono chiuse praticamente ovunque dal 27 ottobre, quando il Dpcm varato tre giorni prima dal Governo impose a questi istituti un margine minimo di didattica a distanza del 75%.
Ora la strada della riapertura sembra tracciata: si lavora su ingressi scaglionati – con disposizioni diverse, concordate con i Prefetti in base alle esigenze di ciascuna zona – e con turni di lezione pomeridiani fino alle 16 e, a rotazione, di sabato anche per quelle scuole che, soprattutto nel Nord Italia, erano invece abituate al weekend libero. L’emergenza comporterà cambiamenti anche alla durata delle lezioni: le ore non dureranno più i canonici 60 minuti, ma saranno ridotte a 45 o al massimo 50 minuti.
Dal Ministero dell’Interno – che ha lavorato in queste settimane insieme a quelli dell’Istruzione e dei Trasporti – fanno sapere che tutto è pronto: dal 7 gennaio tornerà nelle classi il 50% degli studenti. Poi, dopo qualche giorno di rodaggio, si dovrebbe salire al 75% del totale – probabilmente a partire da lunedì 18. Agli ingressi scaglionati – si va verso un doppio turno: il primo alle 8, il secondo alle 10 – e all’alternanza tra didattica in presenza e a distanza, si dovrebbero aggiungere mezzi pubblici aggiuntivi, per evitare che gli spostamenti verso le scuole rappresentino, ancora una volta, occasioni di contagio. Il Governo ha infatti stanziato 300 milioni di euro per finanziare le corse aggiuntive, che dovranno essere operative già da giovedì 7. Una cifra ingente ma ben poca cosa se paragonata alla spesa per le riaperture a settembre. Sul tema il Ministro Azzolina ebbe a dire: “Abbiamo stanziato oltre 2,9 miliardi. Una cifra non banale. Nessun altro Paese europeo ha messo tante risorse sul capitolo ripartenza”
Sui doppi turni d’ingresso, però, le diverse Regioni sembrano andare in ordine sparso: presidi e professori non sembrano entusiasti della soluzione e alcuni Governatori hanno preferito non seguire l’indicazione del Governo: Emilia Romagna, Veneto, Molise, Basilicata e Sardegna, quindi, manterranno la classica impostazione di ingresso per tutti alle 8. Nelle altre Regioni, invece, per non superare le 16 – orario massimo fissato per la conclusione delle lezioni – via libera alla riduzione delle lezioni, con il recupero previsto a distanza per il tempo perso a scuola.
I tre Ministri coinvolti – Lamorgese, De Micheli e Azzolina – esprimono grande soddisfazione per un “lavoro di squadra di cui andare fieri“, ma le contestazioni – e le preoccupazioni – non mancano. Oltre al pericolo più che concreto che un’ulteriore crescita dei contagi imponga una frettolosa retromarcia, con una nuova chiusura che andrebbe a riguardare qualsiasi regione dovesse finire, nelle prossime settimane, in zona rossa, esiste poi il dubbio su quanto le scuole possano essere considerate luoghi sicuri: l’Istituto superiore di sanità ha pubblicato giovedì scorso un report sulla diffusione del virus tra bambini e ragazzi in età scolare, evidenziando conclusioni tutt’altro che univoche o definitive: se nel complesso le scuole vengono definite dall’Iss “ambienti relativamente sicuri” è altrettanto importante sottolineare, secondo gli scienziati dell’Istituto, che “l’impatto della chiusura e della riapertura delle scuole sulle dinamiche epidemiche rimane ancora poco chiaro“.
A complicare ulteriormente le cose, poi, c’è la ferma contrarietà alla riapertura da parte di insegnanti e presidi, che si sta via via trasformando in una vera e propria battaglia per rimandare l’appuntamento. E’ in questa direzione, infatti, che sembrano andare le iniziative prese dalle amministrazioni di Lazio e Puglia: Alessio D’Amato, assessore alla sanità della giunta regionale di Nicola Zingaretti, intervistato da Il Messaggero ha chiamato in causa direttamente il Governo: “Con questi dati in crescita faccio un appello a riflettere bene sulla riapertura delle superiori il 7 gennaio. Devono restare chiuse, in tutta Italia. Sarebbe estremamente imprudente in questa fase dell’epidemia riaprire tra una settimana“, ha detto. In Puglia, invece, l’amministrazione regionale sta pensando di prorogare un’ordinanza – già oggetto di forti polemiche – che permette ai genitori degli studenti di decidere se mandare i ragazzi in classe o se, al contrario, far seguire loro le lezioni usufruendo della Dad.