Persino un grande nome dell’alta cucina come lo chef Gianfranco Vissani è andato in perdita – e non di poco – per la chiusura dei ristranti durante il periodo natalizio voluta dal Governo.
Non è stato un buon Natale per milioni di italiani quello che è appena passato. Come non sarà un buon primo dell’anno. Oltre alle tantissime famiglie disperate per la perdita dei loro cari, ci sono anche tutti coloro rimasti senza nulla: senza lavoro e, spesso, senza casa per l’impossibilità di poter ancora pagare un’affitto. La categoria che – economicamente – ha pagato e sta pagando il prezzo più alto di questa crisi economica innescata dall’emergenza Covid, sono i ristoratori. E non è detto che nel 2021 le restrizioni verranno meno per la categoria. Molti proprietari di piccole tavole calde o trattorie hanno dovuto chiudere i battenti per sempre senza nemmeno ricevere i Ristori previsti dal Governo, ma anche i grandi nomi dell’alta cucina non se la passano bene. Qualche giorno fa l’attore Claudio Amendola – nel corso della trasmissione Cartabianca su Rai 3 – aveva inveito contro la categoria, sostenendo che con le ricchezze accumulate negli anni, gli chef stellati non dovrebbero lamentarsi. Ma non è questa la realtà stando a quanto testimoniano lo chef Gianfranco Vissani – classe 1951, a capo di una cucina dall’età di 19 anni – e il figlio Luca, 43 anni, maitre. La loro versione dei fatti – raccontata in un’intervista al quotidiano La Verità – dipinge un quadro che nulla ha a che vedere con l’immagine di “magnati della cucina” che se la spassano in qualche isola tropicale. E le chiusure durante il periodo natalizio hanno pesato – e anche tanto – sulla loro attività. “Noi abbiamo venti dipendenti in cucina, 120 kW di utenze che ci costano quasi 5000 euro al mese. Non facciamo la lista delle spese perché sarebbe troppo lunga. E ci hanno costretto a chiudere tra Natale e l’Epifania, proprio i 15 giorni che consentono a tutti noi ristoratori di pagare le spese di sei mesi. In sei mesi abbiamo perso 700-800mila euro“. I primi ristori sono arrivati la mattina della vigilia ma non sono sufficienti: “Qui c’è in gioco il futuro dell’Italia e vogliono cavarsela con le mance”.
La famiglia Vissani specifica – rispondendo ad Amendola – che ciò che loro come moltissimi altri del settore chiedono non è l’elemosina dal Governo ma solo la possibilità di restare aperti e lavorare. Anche perché, restando nel dubbio fino all’ultimo, molti avevano già comprato merce che è finita dritta nella pattumiera. Ma i fornitori dovevano pur essere pagati. E dunque: perdite che si sono aggiunte ad altre perdite. “Amendola fa parte dei comunisti con il Rolex. Noi non stiamo chiedendo l’elemosina, il contrario: abbiamo chiesto di restare aperti e lavorare proprio per non gravare su nessuno”. La loro cucina è di alto livello e questo, paradossalmente, in questo momento li sta penalizzando perché i loro non sono piatti che si prestano all’asporto. Nella loro struttura sarebbe anche possibile soggiornare. Ma per il cenone del 31 è possibile cenare solo in camera. Chi lo fa? Chi paga per cenare chiuso in una stanza d’albergo? Nessuno. Gianfranco, sdegnato, spiega: “Gli alberghi rimasti aperti hanno diritto a pochissimo di compensanzione o, talvolta, non ne hanno proprio. Forse non hanno gli attributi per dire state chiusi dal…al… E perché non li hanno? Perché non hanno una lira”.
E pure i Vissani – messi in ginocchio dalle chiusure – hanno dovuto mettere in cassa integrazione 6 dipendenti con il sussidio che non arrivava mai puntuale: soldi tassati al 30% e restituiti l’anno successivo con il modulo 730. A ciò si devono sommare le spese sostenute per provvedere alla sanificazione per la messa in sicurezza del ristorante: migliaia di euro investiti per rendere tutto perfettamente a norma ma che, invece, non sono serviti a nulla visto che poi sono stati costretti comunque a tenere chiusi per il servizio al tavolo. “Nel nostro ristorante si mangia a due metri di distanza e abbiamo speso quasi 30.000 euro in macchinari per sanificare. Nel frattempo paghiamo Tari, Imu e chi più ne ha più ne metta. Dopo il primo lockdown eravamo ripartiti poi a novembre chiusi per salvare il Natale. E a Natale? I centri delle città pieni fino al 23 e noi con le serrande abbassate“. Con poche speranze in tasca per il futuro, lo chef – come già due piccoli ristoratori di Milano costretti a chiudere – ha deciso di fare causa contro il Governo del Premier Giuseppe Conte. Perché – spiega – la Costituzione italiana si basa sul diritto al lavoro che, in questo momento, a milioni di persone viene negato. E anche nella Manovra di Bilancio per il 2021 molti Bonus per portare l’Italia verso una direzione sempre più green, bonus per rinnovare rubinetti, televisori e mobili ma…ben poco spazio per i ristoratori. I due Vissani concludono: “Ora pensano a dare migliaia di euro per rifare la rubinetteria dei cessi. Come si fa a non dare una mano agli imprenditori e ai loro dipendenti e a dare bonus per monopattini e viaggi?“.