L’Egitto arriva ad accusare l’Italia di irregolarità nelle indagini su Giulio Regeni. E il Ministero degli Esteri continua a non rispondere alle gravissime accuse.
Un mese decisamente difficile per il Ministero degli Esteri italiano e per il premier Giuseppe Conte: dopo la controversa vicenda dei pescatori italiani – sulla cui liberazione si è creato un vero caso mediatico – è arrivata dall’Egitto una pesante provocazione sul caso di Giulio Regeni, il ricercatore assassinato dopo aver subito per giorni brutali sevizie da persone rimaste ignote, anche a causa della scarsa collaborazione del Governo egiziano nelle indagini – come è stato segnalato dai magistrati italiani. Dopo aver già fatto sapere poche ore fa di non voler continuare un processo contro i propri agenti di sicurezza accusati del delitto, il Cairo ha rincarato la dose e rilasciato una comunicazione ufficiale decisamente fuori luogo, visti gli elementi emersi durante le indagini, scritta dalla procura locale: “L’Egitto esclude ciò che è stato attribuito a quattro ufficiali della Sicurezza nazionale sia vero. Si tratta di un depistaggio per nuocere alle relazioni diplomatiche tra Italia ed Egitto”, afferma il procuratore egiziano Hamada Al Sawi, ribadendo quella che per Il Cairo è la versione ufficiale del delitto di Regeni – ovvero, che il giovane sarebbe stato ucciso da cinque banditi, casualmente ritrovati tutti e cinque morti pochi giorni dopo il delitto – ed accusando i PM italiani di “gravi irregolarità” durante le indagini sul caso.
Ma l’ultimo durissimo colpo, rivolto specialmente alla famiglia del ragazzo che da anni aspetta di scoprire la verità, arriva alla fine della dichiarazione ufficiale della procura egiziana in merito al caso: “Regeni ha mantenuto un comportamento non consono durante la sua permanenza nel paese. Per questo è stato messo sotto osservazione”, conclude Al Sawi. In poche parole, il video rivelato giusto poche settimane fa in cui si vedeva chiaramente una persona vicina ai servizi segreti egiziani pedinare Giulio Regeni per le strade del Cairo sarebbe una falsa prova: gli agenti lo stavano seguendo ma non avrebbero alzato un dito sul ragazzo, è la versione ufficiale del procuratore. E la colpa del “pedinamento” subito da Regeni sarebbe da addossare ad un non meglio specificato comportamento sospetto tenuto dallo studente durante la sua permanenza fatale in Egitto. Questa accusa arriva dopo le promesse del Governo Conte di non mollare la presa con l’Egitto in merito alla faccenda: “L’Egitto prende atto del nostro processo e ci aspettiamo quindi che ci siano tutti gli elementi per celebrare in Italia un processo credibile e giusto davanti a tutto il mondo”, aveva affermato ad inizio dicembre Giuseppe Conte, dicendosi determinato a non allentare la pressione sull’Egitto in merito al caso Regeni. Il Ministero degli Esteri non ha ancora preso provvedimenti in merito ad affermazioni che – in poche parole – lasciano intendere che Il Cairo non consegnerà nessuno degli accusati all’Italia per effettuare un regolare processo. Il sociologo Luigi Manconi ha commentato la vicenda, affermando che l’Italia: “Dovrebbe aspettarsi una risposta da Conte“. Si conclude così un anno decisamente difficile, in politica interna ed estera, per il Governo del premier Conte.