Il 2021 ultimo anno di Quota100, come si andrà in pensione? Ecco tutte le opzioni
Con la Legge di Bilancio in via di approvazione, è possibile iniziare a valutare quali saranno le opzioni per andare in pensione nel 2021, ultimo anno di efficacia di Quota 100.
Il 2021 è l’ultimo anno di efficacia della misura sperimentale Quota 100, varata per tre anni dal primo Governo Conte ed ora avviata al termine della sua esperienza. Il provvedimento, fortemente voluto dall’allora Ministro dell’Interno Matteo Salvini, permette di andare in pensione a 62 anni, con 38 anni di contributi. L’Esecutivo, che ha già da tempo reso noto che non rinnoverà gli stanziamenti a sostegno della misura, dovrà ora trovare un’alternativa che sia comunque abbastanza flessibile da evitare che si ritorni – con uno scalone di ben 5 anni – alla condizione precedente: l’età pensionabile a 67 anni, come previsto dalla legge Fornero. Un ritorno al passato che risulterebbe indigesto per moltissimi cittadini.
Per il resto, vengono confermati anche per il prossimo anno i sei canali di uscita dal lavoro attualmente in vigore. Vediamo quindi quali saranno le opzioni per andare in pensione nel 2021.
Pensione di vecchiaia
Riguarda chi nel 2021 compie 67 anni avendone alle spalle almeno 20 di contributi: tutte queste persone potranno andare in pensione, sulla base dei limiti che furono inaspriti nel 2011 dalla Legge Fornero che li portò a 66 anni con un innalzamento graduale progressivo.
L’età anagrafica poi non rappresenta poi un elemento fisso per la maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia: questa viene adeguata all’aspettativa di vita sulla base dei calcoli Istat. Più si allunga la vita, più si allontana l’uscita dal lavoro. Con l’attuale sistema, i giovani di oggi andranno in pensione di vecchiaia a 70 anni o oltre.
Pensione anticipata
Rimane invariato rispetto allo scorso anno il requisito per la pensione anticipata: nel 2021, quindi, basterà avere 42 anni e 10 mesi di contributi versati per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne per andare, indipendentemente dall’età anagrafica, in pensione. Nel decreto con cui il Governo giallo-verde introdusse nel nostro sistema quota 100, infatti, era previsto anche il blocco di questo requisito fino al 2026 compreso, facendo sì che questo non cresca di pari passo con l’aspettativa di vita.
Quota 100
Anche quest’anno – per l’ultima volta – si potrà andare in pensione a 62 anni con 38 anni di contributi. L’obiettivo della misura era, nelle intenzioni, superare la Legge Fornero e garantire l’uscita anticipata dal lavoro di almeno 300 mila persone l’anno per un totale, nei tre anni di vigore della misura, di circa un milione di lavoratori. Le cose, però, sono andate in maniera abbastanza diversa: la legge Fornero, come abbiamo visto, è ancora pienamente in vigore e dal 2022 tornerà ad essere applicata senza alcun tipo di eccezione. I lavoratori che hanno aderito a quota 100, inoltre, sono stati molti meno delle aspettative: a fine settembre l’Inps ne contava 242.361 in totale, a partire cioè dall’entrata in vigore della misura nel gennaio 2019. Secondo la Cgil, i beneficiari totali di quota 100 saranno, alla fine del triennio sperimentale, circa 377 mila. Poco più di un terzo della cifra cui si puntava inizialmente, tanto che a fronte di un budget complessivo di 21 miliardi, ne verranno alla fine utilizzati appena 11.
Opzione donna
Rinnovata per un altro anno dalla Legge di Bilancio la misura Opzione Donna, che permetterà anche nel 2021 alle lavoratrici di valutare questa possibilità per uscire anticipatamente dal lavoro. Non è tutto rose e fiori, però: se il vantaggio di andare in pensione a 58 anni per le dipendenti, o a 59 per le autonome e con 35 anni di contributi è certamente allettante, è bene considerare che l’assegno pensionistico verrà ricalcolato in base al sistema contributivo. Chi si trova nel sistema misto, perché ha iniziato a lavorare prima del 1996, può quindi ritrovarsi un assegno decisamente più basso rispetto alle previsioni: anche di un quarto.
In generale, le donne risultano essere le più penalizzate dalle riforme, soprattutto alla luce dei salari più bassi che mediamente percepiscono rispetto agli uomini. La legge Fornero ha allungato la vita lavorativa di 6 anni con un tratto di penna e ad oggi, anche alla luce di una vita lavorativa discontinua, solo il 30% degli aderenti a quota 100 è donna, così come rare sono le pensionate anticipate: difficile avere 38 anni di contributi, figuriamoci 41 o 42.
Ape sociale
Confermato ancora l’ape social, il cui raggio d’azione non viene però esteso ai lavoratori definiti “fragili“ per le patologie mediche che li espongono al rischio Covid. E’ infatti saltato un emendamento apparso durante l’iter parlamentare della Legge di Bilancio che avrebbe dovuto istituire un fondo ad hoc per l’estensione della misura. Nel 2021, quindi, disoccupati, invalidi, caregivers possono andare in pensione a 63 anni con 30 di contributi: per loro è previsto un anticipo – l’Ape – fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia.
Precoci
L’Ape è considerato anche per tutti coloro che hanno iniziato a lavorare prima dei 19 anni e che abbiano accumulato in quel periodo almeno 12 mesi di contributi, anche non continuativi. Confermato anche per il 2021 quindi l’accesso all’Ape anche per i lavoratori precoci, che potranno così anticipare la pensione con 41 anni di contributi totali, indipendentemente dall’età anagrafica. Per farlo, però, devono rientrare nelle categorie generali cui è destinata la misura Ape social. Ad esempio il lavoratore precoce invalido disoccupato perché licenziato, o con parenti da accudire, o impegnato in mansioni gravose o usuranti può chiedere l’Ape sociale, derogando ai requisiti previsti per la pensione anticipata e cioè i 42 anni e 10 mesi di contributi.