I ricercatori hanno scoperto solo adesso che circolava da agosto: è l’ultima mutazione del Covid, soprannominata variante italiana per le sue origini.
In questi giorni ricercatori e medici di tutto il mondo si sono accapigliati per capire origine e pericolosità della “variante inglese” del Covid: non potevano però immaginare che quella che viene ora soprannominata “variante italiana” circolava già da mesi nel nostro paese, rimanendo nascosta sotto le lenti degli esperti che studiano il virus. A dare l’annuncio, il ricercatore Arnaldo Caruso, impegnato presso l’Università degli studi di Brescia che insinua addirittura che la variante appena scoperta possa aver a sua volta dato origine alla variante inglese: “Questa mutazione del covid precede la variante emersa solo a fine settembre nel Regno Unito per diffondersi in Europa, Italia inclusa, e potrebbe anche esserne un precursore”, sono le parole del ricercatore che ha accertato il periodo in cui la variante ha iniziato a manifestarsi nei soggetti infetti tramite dei test retroattivi: si tratta del mese di agosto. Ma quali sono le differenze tra il covid “tradizionale” e la variante italiana appena scoperta? “Ha diversi punti di mutazione nella proteina Spike, l”uncino’ che il virus usa per attaccare il recettore presente sulle cellule bersaglio. Come quella inglese, la variante italiana ha una mutazione in un punto nevralgico dell’interazione Spike/recettore cellulare”, rivela Caruso.
Proprio questa analogia tra le due varianti ha dato molto da pensare ai ricercatori: forse, l’origine della mutazione individuata negli ultimi mesi è da cercare nel nostro paese. Queste rivelazioni arrivano a poche settimane dalla scoperta – sempre tramite tamponi ed analisi di laboratorio – che in Italia il virus è arrivato molto prima di febbraio, come si credeva all’inizio della pandemia. Alcuni colleghi del ricercatore credono addirittura che la variante italiana del covid circolasse da prima di agosto: “Questa nuova variante italiana potrebbe essersi generata intorno ai primi di luglio”, è l’ipotesi di Massimo Ciccozzi, ricercatore presso il Campus Biomedico. La domanda più pressante comunque, rimane la stessa, ovvero se l’efficacia del vaccino può essere intaccata da questa o da altre mutazioni: “Anche se vi fossero alcuni anticorpi non in grado di riconoscere una zona mutata come quella in posizione 501, ce ne sarebbero sicuramente altri in grado di legarsi a porzioni non mutate della proteina. Il loro legame impedirebbe l’interazione tra Spike e recettore cellulare”, spiega Caruso, garantendo che – per il momento – l’efficacia del vaccino resta invariata. La preoccupazione però è che possano esistere altre varianti del virus, non ancora individuate dagli scienziati: per questo motivo, l’operato dei ricercatori in questa fase in cui il vaccino sta iniziando ad arrivare presso le strutture preposte per la vaccinazione delle categorie a rischio è quanto mai vitale. Il prossimo passo in questo senso – conclude il dottor Caruso – è una serie di test di laboratorio sulla variante italiana e sull’effetto del vaccino sulla stessa: “Intendiamo valutare la capacità degli anticorpi di neutralizzare questa variante rispetto ai ceppi virali circolanti in precedenza. Appena disponibili, verranno valutati in modo analogo anche sieri di pazienti vaccinati. Sono ottimista“, spiega il ricercatore. La dura battaglia con il Coronavirus continua.