Dietro la liberazione dei pescatori di Mazara sequestrati dalla Marina del generale Haftar in Libia, un intreccio di interessi internazionali e ed equilibri interni al Paese nordafricano. Con l’intervento, decisivo, del Presidente russo Vladimir Putin.
Vladimir Putin avrebbe giocato un ruolo decisivo nelle trattative che hanno portato, pochi giorni fa, alla liberazione dei pescatori italiani sequestrati in Libia dalla Marina militare di Khalifa Haftar. Alcune fonti molto vicine alla vicenda, infatti, hanno riferito che il Presidente russo avrebbe personalmente contattato il generale libico con una telefonata, nel corso della quale il militare è stato convinto dal numero uno del Cremlino ad affrettare il processo di liberazione dei marittimi.
Non è un mistero che da giorni, ormai, del dossier si stessero occupando anche i Servizi segreti italiani, che erano convinti di essere sul punto di ottenere, a stretto giro, il risultato tanto atteso, portando così a termine un periodo di prigionia che per i pescatori si protraeva da più di tre mesi e che per il Governo italiano era fonte di non poco imbarazzo, anche a causa di una serie di posizioni ondivaghe assunte nel corso delle ultime settimane, quando aveva deciso di dare sostegno alle formule di dialogo condotte dal capo ad interim della Missione di Sostegno dell’Onu in Libia, Stephanie Williams.
L’intervento di Putin è stato accolto con favore da Haftar, che ha approfittato del blocco dei due pescherecci e dei relativi equipaggi per legittimare un proprio ritorno in auge, dopo che – in seguito al fallimento della campagna di Tripoli – la sua figura era finita ai margini della considerazione internazionale. Prima di accettare la proposta di Putin, il generale avrebbe però chiesto rassicurazioni sul pieno sostegno da parte della Russia, oltre che sulla collaborazione del Cremlino nel contrastare la Fratellanza Musulmana nell’ovest della Libia: Haftar la ritiene un’organizzazione terroristica e, così come Putin, ha tutta l’intenzione di mettere all’angolo Fathi Bashaga, Ministro degli Interni libico. Sulla questione però, Putin ha a sua volta chiesto rassicurazioni alla Turchia, ottenendo il benestare del Presidente Erdogan, che non avrebbe gradito il blitz condotto dallo stesso Bashagha il 18 novembre a Parigi, quando cercò di aprire un canale di dialogo con Parigi.
Ma nella partita sulla liberazione dei pescatori – che ha alla fine coinvolto attori di altissimo livello e lambito questioni strategiche sul piano internazionale – un ruolo importante lo hanno svolto anche gli uomini dell’Aise – guidati da Gianni Caravelli – oltre che gli immancabili colleghi statunitensi. Alla fine, la passerella del Minsitro degli Esteri Luigi Di Maio e del Premier Giuseppe Conte, volati in fretta e furia a Bengasi per “omaggiare” Haftar, ha rappresentato il prezzo che l’Italia ha pagato all’uomo forte della Cirenaica, certificando con una sfilata delle più alte istituzioni il suo ritorno in sella, dopo un periodo di subalternità.
La questione dei pescatori, sfruttata al meglio da Haftar, si inseriva infatti in un quadro di sostanziale stallo nel tentativo di dialogo tra le due diverse compagini di Governo che guidano la Libia: quella, appunto, del generale e quella internazionalmente riconosciuta, il Governo di Tripoli guidato da Fayez Al Sarraj. L’Onu, nel tentativo di trovare una mediazione e rilanciare il processo di pace, aveva lanciato un ticket composto dal presidente del Parlamento di Tobruk Aghila Saleh e dal Ministro dell’Interno Bashaga: una coppia su cui anche l’Italia aveva puntato con decisione. Il fallimento del ticket, però, ha rimesso in discussione tutti gli equilibri del Paese – oltre ad aver portato con sé un netto indebolimento fatto registrare dalla figura del Ministro dell’Interno.
Ben più promettente, invece, pare possa essere il lavoro condotto da un nuovo ticket, quello formato da Haftar e dal vicepresidente Ahmed Maetig: il dialogo tra i due ha immediatamente portato a sbloccare la questione relativa alla produzione ed esportazione di petrolio – tornata a funzionare dopo dieci mesi di inattività. Insomma, il rilancio di Haftar sul palcoscenico libico si compone di una serie di elementi e di trattative ben condotte dal generale – tra le quali compare anche la partita a scacchi con l’intelligence italiana sulla liberazione dei pescatori di Mazara, sequestrati ad inizio settembre dopo che il Ministro Di Maio, in visita in Libia, lo aveva snobbato recandosi prima a Tripoli e poi, in Cirenaica, in visita a Saleh. 108 giorni dopo, Haftar ha avuto la sua rivincita.