Per la prima volta parla pubblicamente Gaetano Barbuto Ferraiuolo, il ventunenne che ha perso le gambe dopo un’aggressione subita a Sant’Antimo.
Da una parte la speranza, il desiderio di poter tornare a camminare – attraverso delle protesi – e dall’altra la profonda delusione per il comportamento di chi, da amico, gli ha voltato le spalle e lo ha abbandonato proprio nel momento più difficile. E’ questo il racconto che fa Gaetano Barbuto Ferraiuolo – il ragazzo di ventuno anni che ha perso le gambe dopo una lite nel traffico a Sant’Antimo, in provincia di Napoli – ai microfoni del programma radiofonico La Radiazza, in onda su Radio Marte. Nel corso dell’intervista, Gaetano ha raccontato le proprie condizioni e fatto il punto sulle indagini in corso in merito ai fatti che quella notte lo portarono a subire ben sette colpi di pistola alle gambe, rendendo così indispensabile l’amputazione degli arti.
“Nessuno si è fatto avanti, i miei amici mi hanno abbandonato“, ha accusato Gaetano, sottolineando la dura realtà di Sant’Antimo, suo comune di residenza che “mi ha voltato le spalle: non sanno cosa sia la solidarietà, mentre l’omertà ti viene insegnata già da bambino“. Il ragazzo ha poi spiegato che – nonostante ben tre dei suoi presunti aggressori, personalmente identificati, siano stati già scarcerati – “io ho molta fiducia nella giustizia e nei magistrati. La verità verrà a galla“. Fondamentale, spiega ancora, è stato in questi mesi il supporto avuto dai propri familiari, così come l’intervento provvidenziale dei medici degli ospedali che lo hanno seguito. Nonostante l’infezione non sia stata ancora del tutto risolta, Gaetano ora sogna di poter andare a Bologna “per mettere le protesi alle gambe e tornare a vivere e camminare“.
I fatti che hanno drammaticamente cambiato la vita di Gaetano risalgono alla notte del 20 settembre, quando lungo Corso Europa, nel comune di Sant’Antimo, il ragazzo, che era in macchina con un amico, fu affiancato da un’altra vettura a bordo della quale viaggiavano alcune persone. Scesi dalle auto, questi avrebbero iniziato a picchiare Gaetano, in un crescendo di violenza culminato nell’esplosione di 7 colpi di pistola, sei dei quali hanno colpito il ragazzo alle gambe. Le gravissime ferite avevano dato luogo ad una pericolosa infezione, alla luce della quale il personale ospedaliero si era trovato costretto a sottoporre Gaetano ad un intervento di amputazione. Dalla ricostruzione fornita dall’amico di Gaetano, che viaggiava insieme a lui, a scatenare la violenza sarebbe stata una banale lite stradale, nata dal mancato rispetto di una precedenza. Dopo poco più di due settimane dai fatti, i carabinieri avevano fermato tre persone – Antonio Sgamato, 26 anni, e Antimo Belardo, 28 anni, entrambi di Sant’Antimo, e Raffaele Chiacchio, 19 anni – con l’accusa di tentato omicidio e porto illegale di arma comune da sparo.
Le indagini avrebbero poi evidenziato che dietro alla violenza potesse esserci in realtà qualcosa di più di un semplice litigio in strada. L’aggressione, secondo le ricostruzioni effettuate dai militari, sarebbe stata una ritorsione conseguente alla richiesta di Gaetano di non importunare più la sua fidanzata. Da qui, il gruppo avrebbe quindi deciso di organizzare una vera e propria spedizione punitiva. Nel giro di neanche dieci giorni dal fermo, però, i tre avevano visto alleggerita la propria posizione giudiziaria, con l’accusa di tentato omicidio trasformata in lesioni gravi. Una decisione presa sulla base del fatto che gli aggressori avrebbero deliberatamente mirato alle gambe di Gaetano e che, essendo quest’ultimo rimasto inerme, qualora ci fosse stata da parte loro la volontà di ucciderlo avrebbero sparato in maniera diversa, puntando ad organi vitali.
Poi, il primo novembre, i tre sono stati rimessi in libertà dal tribunale del riesame, le cui motivazioni non sono state tuttavia ancora rese note. Secondo quanto trapelato la difesa dei tre avrebbe presentato un alibi che escluderebbe la loro presenza sul posto la sera dell’aggressione e, in base a quanto emerso da conversazioni intercettate, i loro nomi sarebbero stati “suggeriti” a Gaetano dai propri parenti durante la sua degenza in ospedale.
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