Nella Rsa di Montebuono, provincia di Rieti, un’ospite muore di Covid e la sua bara viene lasciata in mezzo ai sacchi della spazzatura. La Regione Lazio ora si muove per appurare i fatti. Ma come sempre, è troppo tardi.
Mesi fa, durante la prima ondata della pandemia, l’intero Paese guardava incredulo, con l’anima in pena, il corteo di mezzi militari che sfilava per le vie di Bergamo, trasportando nei forni crematori di altre città le salme delle persone decedute nella città lombarda a causa del coronavirus. Immagini difficili da dimenticare. Eppure il meccanismo di rimozione collettiva sembra aver fatto il suo lavoro egregiamente.
Così, in questa seconda ondata, non si sa se fa più impressione vedere le persone che si accalcano nei centri commerciali per le compere di Natale, sentire l’indignazione di chi vorrebbe andare a sciare ma trova le strutture sciistiche chiuse, o scoprire che la bara di Tesolina Bernardini, 87 anni, morta di Covid nella residenza sanitaria assistenziale di Montebuono, in provincia di Rieti, è finita tra i cassonetti e i sacchi neri della spazzatura, in attesa del funerale. Un’immagine che racchiude il senso non curanza e di abbandono che permea tanti anziani non solo in Italia ma anche nel mondo. Sono loro le principali vittime della nuova epidemia, e i numeri parlano da sé. Secondo dati dell’Istituto Superiore della Sanità, anche se gli over 70 rappresentano solo il 25% del totale delle persone contagiate, è tra queste fasce che si conteggiano il 90% dei morti. “Muoiono quasi solo ed esclusivamente i vecchi. L’età media dei deceduti, dall’inizio della pandemia, a marzo, fino ad oggi, super gli 80 anni”.
I familiari di Bernardini sapevano del rischio che correva l’anziana ricoverata nella Rsa di Rieti, dove le porte erano sbarrate ai parenti da tempo. Il che non ha impedito al virus di entrare. Una delle familiari ha scoperto che in quella struttura c’era un focolaio soltanto lo scorso 29 novembre, e lo ha fatto leggendo un post Facebook, anche se la famiglia contattava la struttura quotidianamente. La nipote della vittima racconta: “mio padre ha iniziato a telefonare, essendo a tutti noi da tempo vietato l’accesso per evitare contagi, ed ha ricevuto rassicurazioni. Gli è stato detto che mia zia era asintomatica, che non aveva febbre e che, nonostante tutte le sue patologie, stava bene, aggiungendo che non serviva alcun ricovero in ospedale”. Si sono fidati. E hanno fatto male.
I familiari sono stati informati del decesso della donna dopo ore, e sono venuti a sapere che il medico della struttura era assente da dieci giorni perché positivo al Covid. La famiglia si è rivolta ai carabinieri, e solo allora sono iniziati i trasferimenti di molti ospiti in ospedali di Roma, a Rieti e in un’altra Rsa. Il giorno del funerale, quando i parenti di Bernardini sono andati alla Rsa per accompagnare il feretro in chiesa, hanno trovato la bara parcheggiata davanti a un’uscita secondaria, in mezzo a sacchi della spazzatura. “Non riuscivo a crederci. Hanno detto che per protocollo si fa così, non potendo utilizzare la camera ardente”, ha raccontato la nipote della vittima.
Ora la Regione Lazio si sta muovendo. “È stata richiesta alla Asl l’ispezione, una relazione sul decesso della signora Tesolina Bernardini e la gestione della morgue”, ha comunicato l’Unità di Crisi Covid-19 della Regione. Purtroppo, come spesso accade, le autorità si muovono solo a suon di cronaca.
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