Polemiche per la proposta legata al Recovery Plan di indire un sistema piramidale con 300 esperti che renderanno conto delle proprie decisioni direttamente al premier Conte.
Ha letteralmente causato una sommossa in tutti i partiti vicini alla Maggioranza l’ultima proposta del premier Giuseppe Conte legata alla gestione del Recovery Plan. Il provvedimento in questione – ancora in fase di sviluppo – vedrebbe la concessione di ampie libertà e poteri a 300 esperti, operanti in un sistema piramidale al capo del quale c’è proprio il Presidente del Consiglio. 50 esperti per ognuno dei sei settori interessati dal piano, dunque: digitalizzazione, transizione ecologica, istruzione, inclusione sociale e salute. Il problema nell’istituzione di questo gruppo di esperti per la stesura del Recovery Plan è che i poteri di altri organi istituzionali si troverebbero in contrasto con quelli dei 300 di Conte: il primo organo a risentirsi di questa proposta è stato l’Anac, unità anticorruzione che deve vigilare sulla legittimità degli appalti pubblici. Il parlamentare europeo Carlo Calenda ha fatto notare che dare la gestione di questa struttura piramidale a sei manager – sempre uno per ogni settore del piano – metterebbe in difficoltà anche i ministri: “I ministri hanno dei poteri che sono attribuiti e non possono essere tolti. Quando viene costruita una struttura parallela, piramidale, dove c’è Conte sopra, due ministri sotto, 6 manager e 300 persone sotto, è inevitabile che questa struttura vada in conflitto, perché i ministri devono firmare gli atti che sono decisi da altri”, le parole del politico.
Perfino tra gli alleati di Governo, c’è chi insinua che questa particolare manovra di Conte sia volta ad aprire almeno apparentemente all’Opposizione, “Mettendo dentro un po’ di gente loro, esperti d’area o di aria fritta”, afferma un alleato del premier rimasto anonimo, aggiungendo che un altro problema della misura sono i tempi: “Abbiamo passato due settimane per trovare un commissario per la sanità in Calabria, quanto tempo ci vorrà per trovare tutti questi esperti?”. Italia Viva – partito spesso critico verso le decisioni di Conte – non perde occasione per mettere in discussione il modello di gestione del Recovery Plan. Ettore Rosato, presidente del partito, afferma: “Non vorrei che fosse un commissariamento dei ministri, in cui mettiamo qualche burocrate a decidere al posto loro, come se il Consiglio dei ministri non fosse in grado di gestire il Recovery”. C’è malumore anche tra i Dem, convinti che Conte voglia puntare solo sui ministri Roberto Gualtieri e Stefano Patuanelli – che condividono più di molti altri la sua linea politica – e che il premier, ancora una volta, voglia contare solo sulle sue forze per gestire un importante passo per la ripartenza del paese senza interpellare i suoi alleati di Governo: “Alla fine ha deciso Conte da solo”, ricorda un esponente del PD tirando in ballo anche la Commissione Colao, un’altra misura legata alla ripartenza dopo la crisi del Covid. Ancora più esplicita la critica di Forza Italia nelle parole del deputato Daniela Ruffino che parla di una “struttura tentacolare” che rallenterà tutte le decisioni sull’impiego del fondo europeo.
Nonostante quanto è avvenuto in Parlamento qualche mese fa, la situazione al Governo non sembra essersi smossa più di tanto: gli alleati della Maggioranza continuano ad accusare Conte di sovranismo ed autoritarismo, rinfacciandogli l’utilizzo di misure che direttamente o indirettamente accrescono il suo potere decisionale sulla ripartenza post-crisi. Al momento però, il sistema piramidale con sei manager e 300 esperti è ancora un’ipotesi teorica dato che per ricevere i miliardi europei bisogna prima superare il veto di Polonia ed Ungheria in Commissione europea: “Riusciremo ad affrontare il problema del veto”, garantisce il Commissario per gli affari economici europei Paolo Gentiloni. Ma per il momento, tutto rimane bloccato.
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