Il Dpcm di Natale è in dirittura d’arrivo. Dopo una notte di trattative, nel Governo prevale l’approccio rigorista, con misure rigide varate per evitare una terza ondata: stop assoluto agli spostamenti tra Regioni e divieto di uscire dal comune di residenza nei giorni più a rischio.
Ormai non sembrano più esserci dubbi: il nuovo Dpcm conterrà misure fortemente restrittive che impediranno quasi totalmente gli spostamenti tra Regioni. Nella notte, al termine di un Consiglio dei Ministri caratterizzato da toni forti e scontri durissimi, a prevalere è stata la linea della fermezza, voluta dal Ministro della Salute Roberto Speranza e da quello per gli Affari Regionali Francesco Boccia. Stop agli spostamenti tra Regioni, che saranno vietati nel periodo tra il 21 dicembre ed il 6 gennaio. Le uniche ragioni utili a fare ritorno nei comuni di origine saranno la residenza ed il domicilio: no alle seconde case, che pure sembravano poter ottenere una deroga, così come i ricongiungimenti familiari. Proibiti, inoltre, gli spostamenti tra comuni nei giorni considerati più “caldi”: 25 e 26 dicembre, 1 gennaio.
Il Premier Giuseppe Conte, negli ultimi giorni, aveva cercato di aprire un varco nelle posizioni dell’ala rigorista dell’Esecutivo, almeno per concedere il ritorno a casa di quei figli che, vivendo lontano dal luogo di origine, hanno nel Natale una delle poche occasioni per trascorrere del tempo insieme ai genitori. La formula della “casa d’infanzia“, però, non ha convinto Speranza, che ha concesso ricongiungimenti extraregionali soltanto per i minori che vivano lontani dai genitori e per chi dovrà dare assistenza ad un genitore solo, come già previsto, anche attualmente, per le zone rosse.
L’obiettivo del Governo è chiaro: tenere duro ancora un po’, fare uno sforzo ulteriore rinunciando alle tradizionali feste di Natale per arrivare alla seconda settimana di gennaio con un indice Rt che potrebbe essere davvero vicino allo zero. A quel punto, con la campagna di vaccinazioni che sarà sul punto di cominciare – si prevedono le prime somministrazioni proprio entro il 15 di gennaio – “l’Italia l’Italia potrà dire probabilmente di essere uscita dall’incubo Covid” spiegano Speranza e Boccia ai colleghi più scettici.
Ma i contrasti all’interno del Governo sono aspri e prolungati: se l’approccio rigido dell’ala rigorista ha contato sul sostegno di Dario Franceschini e Alfonso Bonafede, capidelegazione di Pd e Movimento 5 Stelle, sul fronte più aperturista, oltre al Premier, erano schierati Italia Viva – che ha insistito a lungo sugli orari di apertura dei locali – e una parte – la più renziana – dei democratici: su tutti, il capogruppo al Senato Andrea Marcucci, il cui contrasto con la linea del partito è diventato via via sempre più aperto. Alla fine, la mediazione è arrivata con l’intervento del Senatore di IV Davide Faraone, capace di strappare al Governo il via libera per l’apertura a pranzo dei ristoranti per i 25 ed il 26 dicembre.
I toni tornano ad alzarsi quando la discussione si sposta sulla scuola: il Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina insiste sul ripartire già a metà dicembre, il 14, mentre nel Governo diventa sempre più consistente la frangia di chi sostiene che sia più sensato ripartire direttamente dal 7 gennaio. Ipotesi che, al momento, appare come la più probabile.
Infine, il cenone. Anche in questo caso, a prevalere è la linea del rigore: niente tetto di 10 commensali come era stato ipotizzato nei giorni scorsi. Il Governo, al contrario, insisterà fortemente sulla raccomandazione a non ricevere ospiti non conviventi. Il consiglio, su cui l’Esecutivo punterà molto, è di trascorrere un Natale in famiglia, soltanto tra membri dello stesso nucleo.
Il decreto, che entrerà in vigore da domani, venerdì 4 marzo, sarà valido per i prossimi 50 giorni e cesserà di produrre i suoi effetti, quindi, nel fine settimana del 23 gennaio. E’ prevista dal Dpcm la possibilità di adottare, qualora le condizioni epidemiologiche lo richiedano, misure più severe geograficamente localizzate. Ma c’è da aspettarsi che il braccio di ferro con le Regioni possa essere particolarmente duro: è di ieri, infatti, la notizia che la Valle d’Aosta ha deciso di varare una legge regionale che, in barba ai decreti governativi, stabilisce autonomamente la riapertura di piste da sci e locali.